“Io sono Giulia”, “Scusa Giulia“, “Ciao Giulia”: sono queste le frasi pronunciate dalle persone che questa mattina, domenica 19 novembre, hanno posato un fiore sulle sedie rosse posizionate in piazza dei Signori a Treviso.
Centinaia di persone hanno voluto gridare insieme il loro “No alla violenza contro le donne!” con un flashmob in memoria di Giulia Cecchettin, la 22enne il cui corpo è stato rinvenuto ieri nei pressi del lago di Barcis.
L’iniziativa è stata organizzata dalle operatrici dell’Ulss 2 Marca Trevigiana per sensibilizzare la popolazione contro la violenza sulle donne.
Presenti il sindaco Mario Conte, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, il direttore generale dell’Ulss 2 Marca Trevigiana, Francesco Benazzi, il dottor Roberto Rigoli e tanti cittadini colpiti profondamente da quello che è successo.
Giulia, come hanno sottolineato le organizzatrici del flashmob, è una giovane donna vittima dell’ennesimo femminicidio, avvenuto proprio a pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebrerà il prossimo 25 novembre.
Dopo i discorsi delle autorità, gli organizzatori hanno chiesto due minuti di silenzio e poi ognuno ha potuto posare un fiore sulle sedie rosse dicendo al microfono un pensiero per Giulia.
“Dobbiamo uscire dalle dinamiche – ha detto il sindaco Conte – che ‘è sempre colpa di qualcun altro’ e che il problema non è nostro ma di altri. Questo è un problema della nostra comunità: evidentemente è un problema culturale, sociale e normativo. Continuare a celebrare queste vittime credo sia corretto da un certo punto di vista, ma se poi non agiamo per evitare che succedano altri episodi, forse è anche una piccola mancanza di rispetto”.
“Quindi dobbiamo manifestare meno – conclude – e lavorare di più per cambiare la cultura, educare gli uomini e le donne e per garantire la certezza della pena. Sono tutte cose che ognuno può e deve fare. Il mio obiettivo da sindaco è educare gli uomini, proteggere le donne e fare in modo che ognuno sia responsabile delle proprie azioni. Continuiamo troppe volte a pensare che il problema sia di qualcun altro, ogni vita spezzata è una donna e una storia che perdiamo. È vero che dobbiamo dire ‘basta’, però dobbiamo anche agire, non possiamo più stare fermi”.
“Io e mia moglie – ha affermato il ministro Nordio – siamo venuti qui oggi proprio per dare una testimonianza personale della tragedia che ha colpito questa famiglia. Per quanto riguarda la giustizia, noi abbiamo già inasprito le pene e abbiamo creato dei nuovi reati. Diciamo che, dal punto di visto normativo, quello che si poteva fare è stato fatto. Ricordiamoci che la repressione penale non è incisiva più di tanto in queste situazioni”.
“Quello che occorre è la prevenzione del reato – continua – e quindi questo si può avere solo con l’educazione e l’informazione attraverso un cambiamento radicale di mentalità da parte di molti maschi che ritengono ancora di essere i detentori del potere fisico e psicologico nei confronti delle donne. L’educazione inizia in famiglia e bisogna educare anche i genitori oltre ai figli, perché è nelle prime fasi della vita che si sviluppa la concezione del bambino nei confronti del prossimo”.
“Una concezione – conclude – che deve essere ispirata al rispetto di tutti i soggetti, in particolare quelli più deboli. Purtroppo, questi fenomeni sono accaduti anche nel passato, ma oggi hanno una sorta di accelerazione che per certi aspetti è inspiegabile. Noi dobbiamo capirne le cause”.
“Questa iniziativa – spiega il dottor Benazzi – nasce dalle nostre professioniste dell’Ulss2 che mi hanno contattato dicendomi che volevano fare questo flashmob. Naturalmente abbiamo detto di sì, dando anche il logo dell’Ulss2. Noi riteniamo sia importante far capire alle persone quanto sia difficile lavorare per evitare queste violenze e per sensibilizzare l’opinione pubblica. Già a livello di scuola è importante parlare di coscienza civile e di amore verso il prossimo e la donna”.
Oltre a piazza dei Signori a Treviso, le operatrici dell’Ulss2 erano presenti anche alla Torre dell’Orologio a Castelfranco Veneto e in piazza Cima a Conegliano per ricordare Giulia e tutte le vittime di femminicidio.
Il flashmob a Conegliano
“Siamo tutte Giulia”. Lo ripetono in coro tutti i partecipanti al flashmob “per Giulia contro la violenza sulle donne” – una cinquantina circa – organizzato in piazza Cima a Conegliano alle 11 di stamattina. Presente anche il sindaco della città, Fabio Chies, stretto nel cerchio che donne e uomini hanno formato in piazza per esprimere solidarietà e affetto alla famiglia di Giulia Cecchettin, ma anche per dire stop al femminicidio, stop alla violenza contro le donne.
Dentro il minuto di silenzio per Giulia e per tutte le donne c’è commozione, rabbia, sgomento. Manuela, madre di un ragazzo di 16 anni, è arrabbiata e incita all’azione: “Bisogna fare qualcosa, questa deve essere l’ultima volta”. L’agire riguarda l’educazione, “in famiglia, a scuola, ovunque, anche rispetto ai mass media che continuano ad inculcare un’idea sbagliata della donna.”
Oltre alle donne hanno risposto all’appello anche gli uomini. Uno di loro, Sergio, si dichiara “impaurito” da questa violenza e si interroga, in preda a un disperato bisogno di capire: “Fino a dove arriva una persona che sembra normale e poi arriva a tanto? Siamo tutti sull’orlo della follia e non lo sappiamo?”. Data la giovane età dell’assassino ci si chiede se invece di andare avanti si stia tornando indietro. “O è un’eredità che ci portiamo dietro o è una regressione”.
In piazza c’erano anche ragazzi coetanei di Giulia Cecchettin, tra cui Chiara, che si dice “scioccata” e “particolarmente colpita dalla vicenda” e si chiede: “Con le persone che mi relaziono ora mi chiedo ‘chi ho davanti?’ Perché ‘il mostro’ potrebbe essere chiunque. Quali sono i segnali, le avvisaglie, come posso tutelarmi?”.
Un amico universitario interviene: “Un ‘bravo ragazzo’. Questo caso è emblematico perché spesso il femminicidio viene sempre fatto corrispondere a una precisa situazione di disagio sociale, si sente dire ‘chissà che famiglia era, quel tipo era un pazzo, ecc.’ Invece non è così, è la normalità che deve far paura. E il discorso da affrontare è culturale, sui rapporti di genere in Italia e nel mondo. In questi giorni in televisione, sui giornali, si è parlato di educazione all’affettività, e sì, serve anche quella, ma ancora di più è urgente l’educazione di genere. Non è un problema necessariamente e soltanto affettivo. Non era semplicemente un ragazzo geloso, prima di tutto era un uomo geloso, possessivo, frutto di un’impostazione culturale che va demolita”.
“C’è una soluzione a questa mania del possesso, del controllo? Perché alcuni uomini sentono questo bisogno? Il fatto che non sia così per tutti mi lascia un filo di speranza – commenta Michele, al quinto anno di liceo che pensando ai suoi coetanei continua – Ci sono molte ragazze che dicono ‘eh si il mio fidanzato è molto geloso’, o video su Tik Tok che fanno vedere messaggi del tipo ‘no, tu esci solo con me’. Per alcuni/e poi quella diventa la normalità”.
La preoccupazione di Francesca Nicastro, giornalista, insegnante di yoga e counselor, è rivolta anche verso questi nuovi mezzi a disposizione dei giovani: “Serve un patto tra le istituzioni locali per la riduzione dell’uso e la gestione consapevole delle nuove tecnologie, smartphone in primis, che per caratteristiche intrinseche ci rendono più superficiali, frettolosi, disattenti, sordi ai bisogni nostri e degli altri. Meno virtualità, più realtà, insomma”.
Le parole di Luca Zaia
Nel frattempo, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha dato disposizioni per il lutto regionale.
“Ho dato disposizioni perché nel giorno delle esequie di Giulia sia dichiarato il lutto regionale. Avremo tutte le bandiere delle istituzioni a mezz’asta e l’intero Veneto si stringerà in un abbraccio alla famiglia, agli amici di Giulia, a tutti coloro che le hanno voluto bene – ha fatto sapere il governatore – Il dolore e lo sgomento coinvolgono, in queste giornate, l’intera comunità veneta: ci si interroga sui perché di una vita spezzata senza senso, sull’oltraggio a una ragazza che era simbolo per il proprio impegno nella vita e per il suo sorriso gentile, che abbiamo imparato a conoscere anche dai racconti di chi più le era vicino””, rende noto il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, all’indomani del ritrovamento del corpo senza vita di Giulia Cecchettin”.
“Dopo questi giorni di frenetiche ricerche, di speranze, di dolore la dichiarazione del lutto regionale vogliamo diventi anche, nel ricordo di Giulia, un segnale estremamente determinato contro la violenza sulle donne. Propongo quindi di indossare non solo il 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere), ma anche nel giorno dei funerali il fiocco rosso, divenuto simbolo contro la violenza di genere, e di esporre nei luoghi pubblici e privati oggetti di colore rosso – ha concluso – Invito quindi anche le amministrazioni locali a operare in questo senso, secondo le iniziative che vorranno adottare: una panchina di colore rosso, per ogni Comune, potrebbe ad esempio essere importante, ma sono certo che anche i sindaci nei giorni delle esequie e, in seguito, sapranno realizzare adeguate iniziative ad alto impatto comunicativo e simbolico. Il Veneto, nel ricordo di Giulia, lancerà nel giorno delle esequie un forte segnale contro ogni, odiosa, violenza sulle donne”.
(Ha collaborato Sofia Sossai. Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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