“Mai e poi mai…ci mancherebbe….con tutto quello che questa persona ha fatto a me in tante altre occasioni…non esiste proprio!”. Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni, ribadite con assoluta convinzione da qualcuno che aveva compiuto sicuramente qualcosa di negativo nei confronti di altri, e però non concepiva nemmeno lontanamente la possibilità di scusarsi.
La colpa, infatti, veniva attribuita solo ed esclusivamente alle responsabilità altrui, comunque, per cui non veniva nemmeno in discussione l’eventualità di compiere un gesto distintivo per rimediare almeno un po’ a quanto commesso. Un’ammissione di colpa? Mai e poi mai. A scusarsi devono pensarci gli altri, in ogni caso. E poi: le scuse? Sono un elemento di debolezza, un fattore di insicurezza, contribuiscono a un’immagine di sé poco convinta e determinata sulla bontà e l’ineccepibilità delle proprie convinzioni.
Tradotto in breve: scusarsi? Neanche per idea. In pratica, al nostro tempo si fa purtroppo consuetudine sempre più rara quella di porre in essere uno dei comportamenti che maggiormente favorisce la buona qualità delle relazioni tra le persone, l’allentamento delle tensioni che tanto spesso insorgono, anche per ragioni futili e banali, il superamento di fasi di ostilità che a volte sfociano nella rottura vera e propria di rapporti, anche fra le cerchia di familiari, di parenti stretti, di amici carissimi. Non c’è niente da fare: la sindrome di infallibilità colpisce a destra e a manca, per cui non sussistono ragioni di sorta perché qualcuno sia messo nel dubbio di aver osato troppo con le parole e i giudizi, di aver ferito la sensibilità altrui con battute taglienti e commenti temerari, di aver causato in generale dei danni anche materiali alla legittima proprietà di cose altrui con delle azioni sicuramente scomposte, fuori luogo e non appropriate.
È la sagra delle incomprensioni, a partire come detto dalle situazioni più normali, da fatti comuni e semplici. È il trionfo di quel sentimento altezzoso, prepotente, pervasivo e tragico denominato “amor proprio”: tutto viene sacrificato all’esigenza di imporre se stessi agli altri, senza la minima concessione, neppure quando ci si accorge di aver oltrepassato il limite, di aver osato troppo, di aver umiliato il prossimo con parole e azioni in qualche modo poco simpatiche, infelici, ostili e dannose.
Pochi ormai sono abituati a scusarsi, e pochi sono stati educati a farlo in maniera convinta e decisa, come se tutto dovesse essere sacrificato sull’altare di quell’amor proprio che proprio di recente il professor Mario Bertolissi citava in merito a “Il giornale dell’anima” di papa San Giovanni XXIII, in occasione di un recente importante convegno alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia sui sessant’anni dell’enciclica “Pacem in terris”.
Proprio Angelo Roncalli, il “Papa buono”, metteva in guardia dalla tentazione di questo amore smisurato e sconsiderato per se stessi, per il primato della propria persona, per l’affermazione dei propri convincimenti, dei propri ruoli, dei propri obiettivi, a scapito della giusta comprensione delle ragioni degli altri. Quanti danni provocati alla serenità delle relazioni, quante sofferenze, quante liti, quanta visione triste e desolante di come sia capace il cuore dell’uomo di produrre in continuazione motivi di potenziale conflitto con i propri simili, ad ogni età, in ogni ambiente, per i motivi più disparati, anche in piena consapevolezza. In questi casi basterebbe scusarsi, fare un passo indietro, ammettere le proprie colpe, far capire che non si era voluto in alcun modo giungere a un esito così negativo.
Può capitare a tutti: inavvertitamente, senza alcuna precisa volontà di far del male da parte di nessuno, ci possono essere situazioni particolari in cui l’incomprensione si genera e si espande, provocando ferite, crucci, fraintendimenti e conflitti che spesso rischiano di non trovare più cure e soluzioni.
Il tempo trascorre, nessuno fa il primo passo, il solco si approfondisce e le distanze aumentano, sino a porre letteralmente in contrapposizione e in aperto dissidio persone che si frequentavano, coltivavano buoni rapporti, si stimavano e si volevano anche bene. Inutile ricordare le questioni che insorgono tra vicini di casa, le più frequenti. Si aggiungono momenti e vicende difficili e tormentate che attraversano per intero la vita quotidiana, e che davvero potrebbero essere superate, risolte, addirittura stroncate sul nascere se la persona responsabile si rendesse conto che con qualche parola di scusa, con un gesto semplice di riparazione tutto potrebbe essere perdonato, tutto potrebbe tornare felicemente alla normalità.
Queste sarebbero le scuse auspicate e gradite per poter trovar soluzione alle vicende in qualche modo più rilevanti, potenzialmente più gravi. Ma ci sono espressioni preventive, sul tipo “Chiedo scusa”, che potrebbero addolcire, mitigare e sanare tanti piccoli fatti dell’esistenza giornaliera che avrebbero bisogno di un “di più” di attenzione, di gentilezza e di cortesia.
Una richiesta di precedenza in fila, un ritardo, un’inadempienza, una svista, una dimenticanza: quanta vita normale in questi momenti, perché capita a tutti di sbagliare, e di aver bisogno nel contempo di una parola di conforto, di un gesto di comprensione. Servono intelligenza e leggerezza, umiltà e disponibilità, mettendo fuori gioco il famoso “amor proprio” che può causare solo conseguenze negative e danni spiacevoli. Con semplicità, passano anche da qui la visione e la concretezza di una vita felice di bellezza e pienezza.
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