Una storia tra fede e territorio: la vicenda di don Ferruccio De Pizzol, a 100 anni dalla nascita

Una storia tra fede e territorio: la vicenda di don Ferruccio De Pizzol, a 100 anni dalla nascita

La storia del nostro territorio, tramite i suoi personaggi principali, è stata ancora una volta protagonista di un appuntamento organizzato dal Comune di San Pietro di Feletto.

Nella tarda mattinata di domenica 29 ottobre, infatti, è stato presentato il volume legato alla vicenda di don Ferruccio De Pizzol, figura religiosa nota non soltanto a San Pietro di Feletto, ma che seppe lasciare un’impronta di sé anche in altri territori.

Una vicenda che è stata ricostruita dai nipoti Lucia De Pizzol e Celeste Granziera, nel loro volume edito da Publimedia, completo di testimonianze, assieme a documenti e foto, scritto in occasione dei 100 anni dalla sua nascita.

La presentazione del volume si è svolta nella Galleria dell’Eremo, collocata nella sede municipale di Rua di Feletto, alla presenza degli autori e dell’assessore alla Cultura Claudia Meneghin. Un incontro coordinato da Francesca Nicastro, svoltosi dopo la messa celebrata nella vicina chiesa parrocchiale.

Nato il 29 ottobre 1923 a Rua di Feletto, fu il primo di sette figli, all’interno di “una famiglia molto radicata nella fede”. 

Originariamente, il suo nome fu Mansueto: il padre Benedetto, infatti, seguì il consiglio della levatrice, originaria di Mansuè, di mettergli quel nome, che venne così registrato all’anagrafe. Ma alla moglie Stella non piacque e, di conseguenza, lo chiamò Ferruccio.

Frequentò le classi elementari a Rua di Feletto ma, a quei tempi, non esisteva in paese la classe quinta e, per entrare in seminario, quello era un requisito indispensabile.

A differenza di oggi, in quegli anni molte famiglie ambivano che qualche figlio si dedicasse alla vita spirituale. Nel caso di Ferruccio ci fu una sua propensione alla vita sacerdotale, riconosciuta dall’arciprete don Angelo Sant.

Fu così che, grazie a don Sant, a Rua di Feletto venne istituita la quinta elementare e Ferruccio poté entrare in seminario, accompagnato sempre dalla madre, che voleva assicurarsi che stesse bene: quelli del seminario furono, per lui, i più bei anni.

La famiglia fece dei grandi sacrifici per assicurargli un’istruzione: come ha spiegato Celeste Granziera, “si trattava di una famiglia modesta, che la crisi del 1929 costrinse a vendere il fondo che coltivava, rimanendo così dei mezzadri”.

Per la sua ordinazione ricevette in regalo dalla famiglia una bicicletta, che divenne un mezzo utile per spostarsi, oltre che una vera e propria passione, mentre il 27 giugno 1948 celebrò la sua prima messa a Rua di Feletto.

Per i primi quattro anni di sacerdozio fu vicario cooperatore a Refrontolo, ruolo a cui ne seguirono altri in varie parrocchie, tra cui quella dell’Immacolata a Conegliano

A partire dagli anni cinquanta fu inoltre padre spirituale alla Scuola Apostolica del Sacro Cuore di Oderzo, scuola che accompagnava i ragazzi nel loro percorso fino alla terza media, dopo la quale sceglievano se proseguire, o meno, il proprio percorso in seminario.

“Ti interrogava ma, allo stesso tempo, ti guidava”, ha spiegato Granziera. Una testimonianza a cui si aggiunge quella scritta da monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo titolare di Emmaus e ausiliare emerito del patriarca a Nazareth e Gerusalemme: “Un ruolo che svolse con competenza, tatto, bontà e rispetto per la coscienza dei seminaristi – ha scritto – Ovunque e sempre, penso sia stato un sacerdote umile, buono, caritatevole, zelante, una persona di una profonda vita interna e un uomo di Dio”.

Una figura religiosa sensibile, come hanno più volte evidenziato Lucia De Pizzol e Celeste Granziera, sempre vicina anche alla propria famiglia, divenendo una figura di riferimento ad esempio per Delfino, “figlio della zia Agnese”, che una volta trasferitosi da San Fior a Milano, durante gli anni dell’adolescenza, ebbe “un attimo di sbandamento”.

Don Ferruccio De Pizzol si distinse poi a San Fior di Sotto, parrocchia dove fu sacerdote dal 1967 per i 33 anni successivi: lì si occupò di riattivare l’asilo, cercando le suore per la sua gestione (motivo per cui si recò addirittura a Roma), si attivò per la sistemazione della canonica, dell’organo e del restauro di varie parti della chiesa.

“Fu un uomo mite, ma anche un lottatore – hanno raccontato i nipoti e autori del volume – Nella parrocchia capì subito quello che doveva essere fatto. Creò inoltre un campo sportivo per i giovani. A lui si rivolgeva un sacco di gente per ricevere delle benedizioni. Una figura dalle sfaccettature variegate, che abbiamo voluto ricordare anche come zio e familiare, muovendoci a livello di biografia”.

Lettere varie e i diari del sacerdote hanno contribuito a un lavoro di ricostruzione storica che rimane tuttora aperto a nuovi studi e approfondimenti, assieme alle testimonianze di chi lo conobbe, alle foto che lo ritraggono nei momenti salienti della propria vita. Vita contraddistinta anche dall’amicizia con figure religiose cruciali per il paese, come don Nilo Faldon don Nilo Tonon.

Una volta concluso il suo servizio pastorale, nel 2000 si ritirò nella casa di riposo Opera Immacolata di Lourdes a Conegliano, dove nei primi tempi celebrava la Messa e prestava il proprio aiuto come confessore nella parrocchia adiacente. Un’autonomia compromessa dieci anni dopo da una grave emorragia cerebrale.

Finì i suoi giorni nella casa di riposo “Da Lozzo-Dalto” di Santa Maria di Feletto, una struttura dove venne trasferito, vista la sua volontà di essere sepolto nel cimitero di Rua di Feletto, assieme ai genitori. Un desiderio che, inizialmente, pareva essere compromesso da un regolamento comunale, che consentiva la sepoltura solo alle persone vissute almeno 25 anni a San Pietro di Feletto.

Un requisito che il sacerdote non possedeva per pochi mesi. Fu così che il nipote Celeste Granziera, divenuto il suo tutore dopo la malattia, si attivò per questa cosa, grazie anche a don Nilo Tonon, all’epoca presidente della casa di riposo di Santa Maria di Feletto.

Avvenne così il trasferimento alla struttura “Da Lozzo-Dalto”, pochi mesi prima della morte, avvenuta il 28 gennaio 2016: fu così per lui possibile essere sepolto al cimitero di Rua di Feletto, secondo quelli che erano i propri desideri.

Una storia, quella di don Ferruccio De Pizzol, “un umile lavoratore della vigna del Signore”, sicuramente da ricordare, che aiuta a ricostruire alcuni capitoli del passato di un paese e, di riflesso, del territorio.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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