Fra porte, vicoli e targhe nascosti: come turisti nella propria città

Targhe curiose fra i cortili della città

A scuole e uffici chiusi, alleggerita dal senso di fretta, Treviso mostra in modo nitido le sue bellezze. Ecco che vie, piazze e vicoli si offrono per una passeggiata quasi meditativa, per gustare i dettagli che sfuggono nella quotidianità caotica, e riappacificarsi con l’orologio.

Il nostro itinerario inizia da Porta Altinia, ingresso cinquecentesco alla città antica. Per secoli merci e persone l’attraversarono giungendo via terra da Venezia. Secondo la leggenda, dopo aver assediato Altino, Attila si mosse alla conquista di Treviso e proprio in questo luogo firmò il trattato per la resa della città con l’allora vescovo Elviando.

Porta Altinia

Oltre le belle volte della porta, purtroppo spogliate dei loro affreschi, si apre di fronte a noi l’incrocio di via Roma con “La Grande Sfera” in ferro che troneggia al centro.

I portici di Porta Altinia

Venne realizzata nel 1975 dall’artista trevigiano Antonio Benetton, discepolo di Arturo Martini, e decantata dallo scrittore Giovanni Comisso che descrisse le scintille, il rumore di lamiere e i colpi d’incudine che si udivano nell’officina dell’artista.

La Grande Sfera

Ci dirigiamo ora verso il centro, attraversando Ponte San Martino che offre il primo di una serie di splendidi scorci sul Sile. Sul lato destro attira lo sguardo la centrale idroelettrica risalente al 1917, uno dei rari esemplari d’impianto di questo genere all’interno di un centro storico. La centrale ad acqua fluente, gestita dall’Enel, è telecomandata da Polpet, in provincia di Belluno.

La centrale idroelettrica

Superato il ponte, all’ingresso di Corso del popolo, ripavimentato di recente, a sinistra si apre il sagrato della moderna chiesa di San Martino affiancata da un campanile romanico resistito miracolosamente al bombardamento del 7 aprile ’44. La chiesa circolare, opera dell’architetto Angelo Tramontini, è composta da 14 pareti sfalsate che rimandano alle tappe della via Crucis.

La chiesa di San Martino

Vetrine, bar e negozi e poi l’elegante facciata del Teatro Comunale, punteggiano il Corso che attraversa il centro come una spina dorsale. Seguendolo giungiamo nel cuore operoso di Treviso, sede della Camera di Commercio, dove si viene accolti dalla statua bronzea del tenore Mario del Monaco.

La statua di Mario del Monaco in piazza Borsa

Piazza Borsa si chiama così dagli anni ’50: consultando una mappa d’età napoleonica ci troveremmo in piazza Fiumicelli. Vissuti a cinque secoli distanza è curioso pensare che sia Mario del Monaco che Lodovico Fiumicelli scelsero proprio Treviso per esprimere il loro talento artistico. L’uno fiorentino, e l’altro vicentino, la memoria di queste due grandi personalità è molto cara ai trevisani.

A questo punto potremmo tirare dritto fino a piazza dei Signori, ma per una volta, non abbiamo fretta e dunque ci facciamo risucchiare dal vicolo Rialto, sbucando in piazzetta Lombardi. A destra, in via Barberia, alzando lo sguardo possiamo ammirare le decorazioni del complesso gotico di “Ca’ dei ricchi” un tempo abitato da nobili famiglie trevigiane.

Ca’ dei Ricchi

Per arrivare in Piazza Pola, la nostra prossima tappa basta svoltare a sinistra. In questa piccola piazza si respira una certa armonia. In un angolo si può notare la torre medioevale dei Canonici che un tempo ospitò una stazione di posta-cavalli.


Imboccata la stretta via Canoniche ci si trova dietro al complesso del Duomo. Sotto i nostri piedi si apre ora una pagina di storia antichissima, rappresenta dallo splendido mosaico pavimentale risalente al IV secolo. Animali marini, viti intrecciate e vari simboli paleocristiani compongono la decorazione di un edificio di forma circolare che gli archeologi ipotizzano fosse una fonte battesimale, o una sala termale. A scoprire questo gioiello archeologico fu Mario Botter nel 1969.

Il mosaico paleocristiano

Imboccando il vicolo del Duomo, un angolo sospeso nel tempo, si costeggia l’edificio delle Canoniche vecchie, il cui nucleo risale all’813, che oggi ospita il Museo Diocesano di Arte Sacra. Al suo interno è conservato il Tesoro della Cattedrale che vanta una collezione di oreficeria sacra tra le più importanti del Veneto.

Il Duomo e l’adiacente Vescovado si affacciano sulla piazza la cui vivacità contrasta con il silenzio mistico del vicoletto appena percorso. A sinistra notiamo il palazzo appartenuto alla famiglia Dal Corno presente in città fin dal XII secolo. La decorazione quattrocentesca in stile gotico veneziano dona eleganza a questo palazzo le cui facciate un tempo erano completamente affrescate.

Vicolo Dotti

Lasciandosi sulla destra via Calmaggiore e le sue scintillanti vetrine, percorriamo un breve tratto di via Canova per poi svoltare in via Roggia. Ad un certo punto, sulla sinistra, ecco il pittoresco vicolo Dotti, avvolto da un silenzio dal sapore antico. Seguiamo la viuzza acciottolata sotto una successione di portici bassi e balconi fioriti che conducono fino a piazza Trentin.

Veduta dal ponticello sul Siletto

Tra le due belle osterie che vi si affacciano s’imbocca vicolo Filippini attraversando un grazioso ponticello sul Siletto, o cagnan della Roggia, fino a giungere al canale dei Buranelli dove si apre lo scorcio simbolo della città d’acqua. Una foto d’epoca ci ricorda che in questo punto sorgeva il lavatoio dove le lavandere trevisane erano solite lavare i panni munite di cenere e “lampor”, una tavola in legno reclinata.

Il canale dei Buranelli

Seguendo il corso del canale, sul lato opposto una targa apposta su una bella casa rosa pallido ricorda che lì visse Giovanni Comisso: “L’amor vitae di Giovanni Comisso trovò tra queste mura per lunghi anni sempre rinnovati motivi di esaltazione di pace”, Eugenio Montale.

La casa di Comisso

Ci avviciniamo sempre più alla meta finale, passando per piazza san Vito che prende il nome dall’omonima chiesa. Inglobata in un complesso di edifici, la vista della chiesa sfugge al passante distratto.

Il canale da visto da via Campana

Adibita inizialmente a oratorio, con annesso un ricovero per i pellegrini, documenti storici ne attestano l’esistenza fin dal 1100.  Due secoli più tardi parte della costruzione venne inglobata e ampliata in quella che da piccola cappella divenne l’attuale chiesa di Santa Lucia. All’interno si coserva il noto affresco della “Madonna del pavejo“, parola dialettale per farfalla.

L’ingresso della chiesa di San Vito

Si prosegue ora lungo Ci si infila in calle del podestà la calle del Podestà fino alla Galleria della strada romana dove è custodito uno dei simboli della città di Treviso: la celeberrima “Fontana delle tette”. La statua femminile con i seni scoperti e una ricca acconciatura è posta al centro di un piccolo cortile.

La fontana delle tette

Quella che abbiamo di fronte è che una copia della statua cinquecentesca commissionata dal podestà Alvise da Ponte come simbolo di buon auspicio e abbondanza dopo un lungo periodo di siccità. Mutilata dalle truppe napoleoniche, la scultura originale è conservata in una teca sotto la loggia di piazza dei Signori. All’angolo del cortile è presente un piccolo pozzo che forniva di acqua le famiglie che abitavano nelle vicinanze del palazzo.

La targa all’imbocco della Galleria

Sul pavimento all’imbocco della Galleria, una targa rivela che a tre metri di profondità sotto via Calmaggiore si conserva un breve tratto del cardo maximus, l’antica strada che conduceva al foro della Tarvisium romana: l’attuale piazza dei Signori.

Piazza dei Signori

Giunti al salotto buono di Treviso, termina il nostro itinerario urbano. In questa piazza fin dal XIII secolo, si concentrano i palazzi del potere e della giustizia quali custodi di una storia millenaria impressa in ogni pietra. Alla piazza si affaccia il Palazzo della Ragione, più tardi Palazzo dei Trecento, con la facciata mattoni a vista coronata da merlature, il palazzo della Signoria che ora è sede della Prefettura e la duecentesca torre civica.

Dalla piazza si accede al sottoportico dei Soffioni che, stando alla tradizione, deve il proprio nome a dei cartocci di polvere da sparo detti appunto soffioni. Anche a Treviso, infatti, come a Venezia infatti si svolgeva la corsa dei tori, o più probabilmente dei buoi, che correvano per piazza dei Signori inseguiti da cani inferociti al culmine dei festeggiamenti di Martedì Grasso.

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