Cessalto, quattromila abitanti, è un comune del territorio mottense-opitergino situato nella piana sulla destra della Livenza.
Fra le prime attestazioni dell’abitato vi sono “Villa Cesalti” del 1242 e “Cesalto” nel 1261. Il toponimo, sul quale come di consueto non mancano dubbi o teorie divergenti, trae le proprie origini da due sostantivi di matrice latina: cessus nell’accezione di remoto, lontano o anche nascosto; altus – alto con un significato più oscuro.
Secondo un’interpretazione piuttosto diffusa il nome Cessalto sarebbe correlato alla morfologia marcatamente silvestre di un territorio disboscato in epoca arcaica per far spazio al nucleo abitato. Ed ecco allora caesus saltus (foresta recisa) o cessus saltus (selva remota).
L’agro cessaltino ospita tuttora i residui di una foresta sterminata, la cosiddetta Silva Magna o Fetontea che la Livenza separava da un bosco altrettanto selvaggio ed esteso, la Silva Lupanica o “selva dei lupi” citata sia da Virgilio che dall’enciclopedico Plinio il Vecchio.
Il bosco di Olmé, come quello di Basalghella (TV), della Mandria (TO), del Circeo (LT) e molti altri è ciò che resta di antiche foreste planiziali che coprivano ampi spazi della nostra penisola. Ridotta dagli interventi di deforestazione e bonifica legati alla centuriazione romana, la selva riprese il sopravvento nei secoli bui dell’alto Medioevo per poi soccombere quasi completamente dinanzi a nuove, vigorose imprese agrarie nelle quali, in Veneto come altrove, ebbero un ruolo decisivo i monaci benedettini.
Attraversare il bosco di Olmé, coglierne i colori e i profumi, osservare le specie animali e vegetali che lo popolano significa fare un salto nel passato e godere di uno scampolo di paesaggio miracolosamente sopravvissuto all’irreversibile scomparsa. Luogo ameno dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, Cessalto ha attratto nel tempo numerose famiglie patrizie che qui hanno edificato splendide dimore: fra le tante merita una menzione villa Zeno gioiello palladiano sorto nella seconda metà del Cinquecento.
Come di consueto non possiamo lasciare il luogo senza aver assaporato una peculiarità gastronomica locale. È la volta del gambero di fiume della Venezia Orientale: emblema gentilizio, simbolo religioso e prelibata pietanza, il gambero nostrano minaccia di estinguersi per ragioni legate all’inquinamento ambientale e all’invasione di specie alloctone.
Lungimiranti allevatori locali, rispettosi dell’ambiente e depositari di antiche tradizioni di pesca, ci permettono di gustare ancora questa delizia senza pregiudicarne l’esistenza. A loro e alla popolazione di Cessalto brindiamo con un calice di Chardonnay IGT, fresco e soave, ideale da abbinare all’elusivo crostaceo.
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