È da attribuire all’Unesco la definizione più compiuta di “analfabetismo funzionale” descritta nel 1984 come “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Nella classifica degli analfabeti funzionali gli italiani occupano gli ultimi posti in Europa. Proprio questo argomento è stato al centro dell’incontro di ieri sera, venerdì, con il professor Giorgio Merli intervenuto durante la serata inaugurale di “Cavalli in Villa” a Villa Spineda a Volpago del Montello.
“Si stima – ha sottolineato Merli – che l’analfabetismo di livello tre, quello che riguarda la capacità di cogliere il nesso logico fra le cose, riguardi addirittura il 47% della popolazione nel nostro Paese, ovvero una persona su due in Italia, contro il 7% del Nord Europa. Non parlo della comprensione di testi scritti, lì siamo di poco peggiori rispetto a Francia e Germania, la grande differenza sta nella capacità di analizzare criticamente un testo e trarne conclusioni utili per migliorare noi stessi e il mondo che ci sta attorno. Ecco lì siamo molto deficitari tanto che ci affidiamo spesso a pensieri unici e alle interpretazioni altrui, rinunciando alla nostra capacità critica”.
Esistono vari livelli di analfabetismo dove con livello due s’intende ad esempio essere incapace di capire le istruzioni di montaggio di un mobile Ikea, condizione che in Italia riguarda una persona su quattro. Mentre il livello tre sta nella difficoltà di capire il nesso logico tra i fatti e fare un’analisi critica.
Guardando al caso Veneto, a riprova delle scarse performance degli italiani, in particolare giovani, in termini di capacità logiche e di comprensione linguistica ci sono gli esiti dei recenti test Invalsi da cui emerge che 3 alunni di quinta elementare su 10 nella nostra regione mostrano livelli insufficienti nella padronanza della lingua italiana.
“Gli Invalsi – prosegue il professore – verificano capacità di base che sono indispensabili per fare poi ragionamenti logici, proprio quelli che servono per fare business, per migliorare la qualità della nostra vita e per contribuire al Pil”.
Come sottolineato da Merli, la tecnologia che pervade le nostre attività quotidiane come ad esempio l’Intelligenza Artificiale potrebbe peggiorare una condizione di analfabetismo funzionale, al contrario rivelandosi un’ottima alleata in caso di buone capacità intellettive.
“Per gli alfabeti funzionali – spiega – le nuove tecnologie rappresentano un grosso vantaggio perché velocizzano i tempi, e la comprensione di nessi logici fra le cose in modo clamoroso e quindi aumenta la potenzialità del cervello. Ciò non vale per gli analfabeti funzionali che ricorrendo alla tecnologia rischiano di non usare proprio il cervello”.
Invertire la rotta per il professor Merli non è cosa facile: “Per uscirne bisogna cambiare le modalità educative, passando dal nozionismo a più ragionamenti logici, ma per alimentare questa capacità e vederne i frutti bisognerà attendere una generazione. Sul breve periodo a mio avviso bisognerebbe sfruttare quel 50% di alfabeti funzionali per colmare il gap tecnologico sconfortante dell’Italia rispetto agli altri paesi e accelerare la crescita del Pil: ‘siamo italiani e ce la faremo anche questa volta’ non vale più”.
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