Ha negli occhi quella grinta degli imprenditori che non riescono a stare fermi un momento, che controllano i dettagli e che non pensano alla pensione come un traguardo, ma come un ostacolo da saltare a piedi pari: Silvano Zanardo ci accoglie col sorriso nella sua realtà, una speciale carrozzeria a Mareno di Piave, consapevole di non aver mai raccontato in profondità una storia d’impresa che non si limita all’allestimento di auto funebri ma che ha saputo innovarsi e trovare una propria ricetta vincente.
Tutto nacque dalla passione per le automobili: erano anni gloriosi per le forme e i motori, in perpetua crescita e rinnovamento. Era il tempo nel quale il design incontrava una visione quasi artigianale del modellare automobili. Silvano aveva vent’anni e, imparando giorno dopo giorno ogni passaggio necessario, aiutò il padre in carrozzeria fino a sostituirlo: “Sto parlando di epoche lontane – racconta – trasformavamo le Fiat 130. Poi sull’onda dell’entusiasmo e dell’innovazione siamo cresciuti. Oggi e trasformiamo Mercedes, Maserati, Jaguar e Rolls Royce, ma anche limousine e ambulanze”.
“All’epoca le auto venivano trasformate manualmente, poi ci siamo adeguati. Alcuni anni fa poi abbiamo deciso di iniziare a utilizzare un materiale innovativo, all’epoca poco diffuso: il carbonio. Così ci siamo organizzati per creare un’azienda a parte, la Zanos, che potesse produrre e raffinare questo tipo di prodotto, aumentando esponenzialmente la qualità che siamo in grado di consegnare al cliente, senza compromessi di peso o di resistenza”.
“È stata una bella avventura, ma non è ancora finita: non si finisce mai di imparare. Mai. Mio padre lo diceva sempre, persino a ottant’anni. È un mestiere che richiede sacrificio, certo, ma col tempo siamo riusciti a farci riconoscere nel settore e ora assieme alle nuove generazioni stiamo valutando se affrontare ulteriori nuove sfide”.
Da vettura a veicolo speciale
La trasformazione di un’auto bara, core business della Zanardo Auto-factory, è un processo per nulla scontato: a spiegarcelo è Nicola Perin, il giovane progettista che si occupa di adattare il nuovo design a quello originale, mantenendone la linea in modo funzionale alla meccanica e gradevole all’estetica.
“Le auto sarebbero tutte predisposte per essere trasformate, ma chiaramente nel settore delle onoranze funebri sono più idonei i marchi di un certo prestigio. Se ne parla con timidezza e cautela, ma si tratta di mestieri dove la qualità, nella discrezione e nell’eleganza, è fondamentale”.
Alla Zanardo le auto vengono acquistate come veicoli nuovi, vengono parzialmente smontate e poste su una dima, dove la carrozzeria viene tagliata e il passo viene allungato. Le carrozzerie in carbonio vengono poi applicate alla struttura, che viene successivamente rifinita, verniciata, carteggiata, completata e, infine, omologata. Il processo dura circa 90 giorni.
La conversione di mezzi non professionali
Il signor Zanardo ci accompagna in tutti gli stabilimenti, vicini tra loro, dalla concessionaria all’officina, passando per l’area dove prepara i modelli in carbonio, ci porta anche allo showroom, dove troviamo sia i primi carri funebri, risalenti agli anni ’70 e ‘80, sia una Bmw Z4 e una Morgan, auto che ben raccontano una passione per l’auto che va al di là delle prestazioni, concentrandosi sulla bellezza esteriore e sul disegno originale.
Ma nello showroom ci sono anche tanti altri esperimenti, dai telai delle biciclette a una piccola, introvabile, utilitaria Lamborghini.
Anche se la domanda sul fronte dei veicoli speciali sembra non mancare, Silvano Zanardo racconta anche di un nuovo segmento emergente nel mercato dell’automobile: capita che i privati chiedano una modifica, un ripristino oppure una totale conversione della carrozzeria della propria auto. C’è chi, per esempio, acquista un suv e sceglie di convertirlo in una cabriolet, anche attraverso l’utilizzo del carbonio.
“Vorrei dire che, siccome il nostro lavoro lo facciamo con tanta, tantissima passione, ho cercato di trasmetterne un po’ anche ai giovani – ha aggiunto il signor Silvano, – Oggi abbiamo 15 risorse interne, dall’officina al commerciale. Anche per chi decide di non rimanere, questa è una specie di scuola, ma bisogna essere pronti a studiare, a rinnovare, a reinventarsi, tenendo sempre i piedi per terra”.
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