Il filosofo francese Vladimir Jankelevitch (1903 – 1985) così ebbe a definire l’oggetto del nostro pensiero odierno: “L’umorismo è l’arte di sfiorare senza insistere”.
E’ una descrizione molto interessante e garbata, messa in luce dal cardinale Gianfranco Ravasi nel suo prezioso volume “Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico” (Mondadori), ricco in ogni sua pagina di umanità, sapienza e profondità. “Perché mai la barzelletta dev’essere quasi sempre greve? Perché l’ironia deve trasformarsi in sarcasmo? Perché la satira deve sconfinare nell’aggressione? Perché la battuta, soprattutto se televisiva, dev’essere volgare o sguaiata?”: sono gli interrogativi che il notissimo porporato e grande uomo di cultura pone a se stesso e alla platea dei suoi lettori, evidentemente interpellato da un quadro generale in cui risaltano alla vista e all’udito di tutti una diffusa ornai tendenza all’eccesso, per cui non ci si diverte più con leggerezza, ma troppo spesso in maniera pesante e scomposta.
E pensare che di un sano umorismo avremmo tutti bisogno, più che mai in questa fase di inquietudini e tristezze, anche legate alla difficile situazione internazionale, in cui non farebbe certamente male poter gustare la freschezza, la vivacità e la consolazione di un sorriso scacciapensieri, di una simpatia misurata alla portata di ogni persona e di ogni età, di racconti felici e di ironie discrete che possano mettere ciascuno a proprio agio, contento e gioioso. Certo, non è semplice l’arte di far divertire il prossimo, prendendo la vita con il distacco e la filosofia che guardano benevolmente alle opere, ai giorni, ai difetti e alle virtù dell’umanità, in fondo sempre uguale a se stessa. Richiede intelligenza, bravura, rispetto, solarità e talento: gli autori dell’umorismo sano e apprezzato non si inventano, non s’improvvisano, non si affermano per caso.
Parliamo proprio di un’arte innata e raffinata, che si abbina a volti riconosciuti e apprezzati proprio per questa loro indubbia capacità di far ridere e sorridere, di animare una compagnia di amici e le feste di gruppo con il loro spirito lieto e contagioso, di essere ironici e leggeri anche nelle situazioni più delicate e complicate, quando si rischierebbe di perdere il senso reale delle cose e della loro gravità, o non gravità, magari appesantendo il quadro con reazioni eccessive, sopra le righe. Senza nostalgie o passatismi, sembra che questo sano umorismo, semplice ma molto amichevole ed efficace per la solidità dei rapporti umani, fosse una cifra distintiva nelle pratiche di vita delle generazioni che ci hanno preceduto.
Dai simpatici racconti delle mille occasioni in cui i fatti originali, le situazioni anche banali, le caratteristiche delle persone e gli episodi buffi diventavano materiale per gli intrattenimenti felici e le risate condivise, si comprende come in tempi di povertà e di fatiche quotidiane, di decenni orsono, la spinta reale alla ricerca di un sano umorismo fosse patrimonio autentico della comunità. Mancavano allora tante opportunità e condizioni favorevoli per la vita quotidiana, soprattutto per i giovani, e quindi sembrava quasi naturale un’inclinazione generale a trovare motivi di conforto e di spensieratezza in un atteggiamento lieve, ironico e sorridente rispetto all’esistenza.
Ci si divertiva con poco, perché poco era nella disponibilità delle persone e delle famiglie, ma molta gioia di vivere ed entusiasmo nello stare insieme generavano una bella solidarietà e una reale capacità di accettazione reciproca. Oggi è cambiato tutto, ma questo non toglie che di un sano umorismo abbiamo decisamente bisogno nelle nostre relazioni, per attenuare le tensioni, alimentare sentimenti positivi, avere persone equilibrate, serene e fiduciose, rafforzare il senso di comunità.
E mentre diciamo questo, rinnoviamo ammirazione e gratitudine per quanti esprimono attenzione e generosità verso gli altri coltivando questi loro doni di simpatia e di animazione piacevole degli incontri, capaci sempre di far scattare il sorriso e il buonumore con la battuta, il gesto cortese, il racconto breve ameno e divertito, la passione autentica per lo stare insieme divertente e genuino.
Non tutti nascono e si affermano come lo showman Fiorello, ma di sicuro talenti diffusi a lui ispirati, piacevoli e gentili, ben presenti nella prassi quotidiana, migliorano ovunque, e di molto, le vite di tutti. Magari con quel termine, “sfiorare”, che il nostro filosofo Jankelevitch inseriva dentro la definizione di umorismo: come ricorda lo stesso Ravasi, si tratta di un termine non più in voga non tanto nell’uso, quanto nella sua sostanza di significato. I grandi mezzi di comunicazione al tempo di internet, social compresi, ci hanno abituato a mostrare tutto, spesso senza limiti di pudore e di rispetto.
Si deve sempre calcare la mano e giungere sino all’estremo, per tante dimensioni umane. Non si accenna più, si vuole solo descrivere tutto: si perdono allusioni e sottintesi, si smarriscono delicatezza e compassione, si cancellano finezza ed eleganza. Ecco, occorre cambiare passo e registro: il sano umorismo deve “sfiorare, senza insistere”, per il sorriso e la vita buona di tutti.
(Foto: Pexels).
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