Matteo Candian, originario di Trevignano ma residente a Fonte, comprò per i suoi sei figli, Alberto, Giulia, Paolo, Elena, Lorenzo e Dario una vecchia Playstation. La collegò alla televisione, inserì il disco di qualche videogioco interessante, di quelli lunghi e difficili com’erano una volta, e poi lasciò che i ragazzi ci giocassero.
Poi per qualche ragione la console non funzionò più e di conseguenza finì in garage. Invece che comprarne un’altra, Matteo chiamò i suoi figli a raccolta e insegnò loro qualcosa di nuovo per passare il tempo, per svagarsi.
Un gioco di cui conosceva i rudimenti e qualche semplice tecnica: un passatempo complicatissimo da condurre con abilità, ma semplice e comodo da provare ovunque. I ragazzi iniziarono a giocare tra di loro, in continuazione e dovunque, senza mai annoiarsi.
Non sapevano di stare allenando il più determinato tra di loro, Lorenzo, che oggi – dopo tanti anni di vittorie – parteciperà alle Olimpiadi ad agosto, e anche il giovanissimo Dario, che ha lo sguardo furbo di chi sa farsi strada da solo e sorprendere tutti.
Andando a trovare questa numerosissima famiglia nella sua dimensione più intima, nella loro casa a Fonte, conosciamo anche il vivaio dove la determinazione di Lorenzo è maturata e quelle persone, i suoi fratelli e i suoi genitori, che gli hanno consentito di raggiungere gli 2100 elo oltre a un livello di maturità tale da fronteggiare Nigel Short (e farlo sudare).
Di sé e dei suoi sogni Lorenzo ci parla con la disinvoltura e la consapevolezza di un adulto. Da settembre frequenterà il liceo scientifico di Castelfranco, con l’idea poi di studiare ingegneria o medicina all’università. Oltre alla scacchiera, che comunque ha la priorità su tutto, ha fatto sette anni di judo e va ad arrampicare.
“Quando aveva nove anni risolveva puzzle da diecimila pezzi in pochissimo tempo. Dargli questo input è stato un po’ come accendere un falò: tu produci la scintilla, il resto va da sé – spiega il papà Matteo, progettista in un’azienda di Asolo, mentre Dario sgattaiola via dal tavolo per andare, appunto, ad allenarsi – Con gli scacchi si è appassionato al punto che abbiamo dovuto frenarlo un po’: studiava e si allenava al computer continuamente”.
“Avevamo paura che questa passione lo distogliesse dallo studio, cosa che effettivamente è successa per un periodo. Poi siamo riusciti a trovare un equilibrio. Ora Lorenzo comincia ad avere un’età in cui è giusto che se la sbrighi da solo anche logisticamente: viaggia da solo in treno e in autobus. Noi gli diamo supporto economico, per quanto riusciamo a fare tra spostamenti e costi delle lezioni: anche se non sembra, questo non è uno sport economico e noi ancora non abbiamo trovato uno sponsor locale”.
L’intervista al campione
La prima volta che hai sentito parlare di scacchi non ti sono sembrati un po’… noiosi?
“Non credo di aver mai sentito parlare di scacchi prima che me lo insegnasse mio padre, concretamente. Avevo nove anni. Mi è piaciuto fin da subito perché era difficile, complesso, articolato e pieno di strategie e segreti da imparare. Quando sono migliorato sono andato al circolo e mi sono iscritto. Ho studiato, tanto. Le prime volte ci rimanevo male a perdere, piangevo persino, però poi col tempo mi sono reso conto che ogni partita vinta o persa che sia non è tanto una sconfitta se la sai analizzare. Puoi rivederla e capire dove hai sbagliato”.
Come ci allena per uno sport così logico e così pieno di variabili?
“Studio più di un’ora e mezza al giorno, per non perdere mai la mano. È un po’ come fare il pianista. Se stai fermo con le mani nel giro di poco la tua bravura arrugginisce. È un gioco estremamente complicato quindi ce n’è da imparare per una vita: le aperture, come giocare nei finali, i piani di sviluppo, le tattiche. Si impara molto anche dall’avversario naturalmente, perché non è mai lo stesso: trovi quello che ti aggredisce, trovi quello che gioca in difesa. Dipende”.
A quale risultato punti ora?
“Vorrei raggiungere il titolo di maestro internazionale, quindi devo ottenere anche la cosiddetta “norma” (che si ottiene con un performance rating di 2400 quando la media degli avversari non è inferiore a 2180). Per riuscirci devo migliorare le mie tecniche di apertura, che rappresentano il mio punto debole”.
Oltre a essere ancora vicino al circolo Regina Cornaro, a cui col tempo si è affezionato, Lorenzo ha scelto di collaborare con il circolo scacchistico di Firenze, con i quali ha affrontato anche i Campionati Italiani. Anche in quest’occasione, proprio per quel telefono che squillava nel momento sbagliato all’epoca della partita con Nigel (qui il link all’articolo), Lorenzo ha avuto sfortuna, classificandosi comunque secondo: ha fatto patta alla prima, vincendo tutte le altre e poi perdendo l’ultima.
“È uno sport davvero imprevedibile. Anche a un gigante può capitare di perdere contro uno più scarso di lui, in una partita fortunata” spiega il giovane vicecampione.
L’orizzonte a cui punta la famiglia Candian oggi sono le Olimpiadi degli Scacchi, assegnategli come obiettivo dalla Federazione italiana, che ha scelto di dar fiducia a Lorenzo: “Non vedo l’ora di andarci – commenta, – è un evento importantissimo e mi darà la possibilità di giocare in squadra, quindi fare amicizia e incontrare i più forti al mondo”.
La rivelazione del giovane Dario
Timido, ma attento alle parole del fratello, ci raggiunge anche il giovane Dario, che nell’ultimo torneo regionale si è classificato campione nella propria categoria. Di lui, il papà Matteo dice: “Ci ha sorpreso tutti. Non ero convinto di portarlo agli Italiani, invece poi si è rivelato un prodigio: è stato l’unico podio del Veneto. Le ha vinte tutte tranne una”.
La famiglia Candian
“Da genitore, l’emozione di vedere questa grinta nei propri figli è incredibile – spiegano Matteo e sua moglie Valbona – Non cambia il fatto che uno vinca o perda, ma la voglia di farcela, la passione, questo è proprio entusiasmante”. Quest’avventura nel complicato mondo degli scacchi, per certi aspetti antico ed estremamente assimilabile al nostro modo di affrontare la vita, di fare progetti a breve e a lungo termine, di affrontare gli avversari e la sorte, i Candian la vivono come famiglia. Quello degli scacchi non è l’unico talento in famiglia: c’è chi scrive poesie, c’è chi ama il disegno e chi la letteratura italiana. Tra fratelli e sorelle ci si aiuta in casa, si prepara il pranzo e se serve la cena, mentre gli adulti sono a lavoro. Poi si gioca a scacchi, fino a tardi.
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