È finito a processo per evasione fiscale perchè accusato di non aver presentato, per tre anni, le dichiarazioni dei redditi della sua impresa edile. Tutto perché il commercialista al quale si era affidato, non le aveva inviate e non aveva pagato le tasse.
Solo dopo 4 anni di vicenda giudiziaria un imprenditore di origine albanese di Mareno di Piave è riuscito a dimostrare la sua innocenza. Difeso dall’avvocato Pierantonio Fadel, il 49enne è stato assolto perché il fatto non sussiste, secondo il giudice Umberto Donà.
L’incubo dell’imprenditore è iniziato nel 2016 quando nello studio di F.B. noto commercialista di Cimadolmo al quale si era affidato, sono arrivati gli uomini della guardia di finanza per un accertamento.
Tra i vari documenti i finanzieri hanno trovato le dichiarazioni dei redditi per gli anni 2012, 2013 e 2014 dell’imprenditore, compilate ma non inviate. Rilevando così che, per quegli anni, l’imprenditore non aveva pagato le rate Irpef.
Il caso è finito all’Agenzia delle entrante che ha ricostruito i redditi dell’imprenditore e per gli anni 2012 e 2014 la questione si è risolta, si fa per dire, con una sanzione amministrativa ma per il 2013 il calcolo sui redditi ha portato a oltre 53 mila euro di Irpef non versata, superando di 3 mila euro la soglia che trasforma la contestazione in penale.
L’imprenditore, ritenuto evasore totale, si è trovato i finanzieri in casa, di notte, per una perquisizione e al termine delle indagini è stato raggiunto da un decreto penale di condanna 13.500 euro in sostituzione di 6 mesi di condanna.
Assistito dall’avvocato Fadel, il 49enne ha sporto querela per truffa e appropriazione indebita nei confronti del commercialista che, nel frattempo, ha fatto perdere le proprie tracce e ha deciso di affrontare il processo per dimostrare la sua innocenza.
La difesa ha dimostrato come l’imprenditore avesse delegato il commercialista non solo alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi ma anche al loro invio e al pagamento delle relative tasse, con la possibilità di operare sul suo conto, riuscendo a chiarire anche come il calcolo dell’Agenzia delle entrate che aveva accertato il superamento della soglia, fosse frutto di un errore.
“Non sono stati considerati gli ammortamenti – spiega l’avvocato Fadel -, perché dalla contabilità, come ammesso dal fratello del commercialista, era sparito il libro dei cespiti. Lo stesso ha anche ammesso che le dichiarazioni non erano state inviate per un problema di disorganizzazione dello studio”.
Per questo il giudice Umberto Donà ha assolto l’imprenditore con la formula perché il fatto non sussiste. “La fine di un incubo durato 4 anni per il mio assistito che si è visto accusato di essere un evasore totale sapendo di aver sempre rispettato la legge”.
(Fonte: Redazione Qdpnews.it).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
#Qdpnews.it