Ore straordinarie non lavorate e legittimità del licenziamento

Ore straordinarie non lavorate e legittimità del licenziamento

La Cassazione (con ordinanza 20.04.2023, n. 10623) ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato al lavoratore che si rifiuta di fare gli straordinari, ma non ha approvato la giusta causa indicata come causale.

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Ancona che, riformando la decisione di primo grado, aveva dichiarato legittimo il licenziamento intimato ad un dipendente addebitandogli “la mancata effettuazione del lavoro straordinario nel periodo dal 9 al 27.05.2016, in spregio alla direttiva aziendale con la quale era stato stabilito l’aumento dell’orario di lavoro per ragioni produttive” e considerando “ la recidiva, anche specifica, nella quale era incorso il lavoratore per fatti puniti con sanzione conservativa”. Contemporaneamente ha proceduto a confermare la conversione del provvedimento “da licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo ”, condannando la società “al pagamento in favore del reclamante della indennità di mancato preavviso nella misura di 2,5 mensilità della retribuzione globale di fatto”.

Sul punto principale del ricorso, i giudici ermellini hanno sottolineato che “la piena lettura della previsione collettiva di riferimento (art. 7 c.c.n.l. applicabile) conferma la correttezza della interpretazione della Corte di merito circa la possibilità per la parte datoriale di richiedere al lavoratore prestazioni di lavoro straordinario nei limiti della c.d. quota esente, senza preventiva consultazione o informazione alle organizzazioni sindacali nel rispetto dei limiti di 2 ore giornaliere e 8 ore settimanali e con un preavviso di almeno 24 ore”. E, a proposito di limiti, sarebbe stato onere del lavoratore “provare di avere opposto il proprio rifiuto in ragione delle ore di lavoro straordinario già effettuate in misura pari o superiore alla quota c.d esente ”, laddove invece la prova orale aveva evidenziato “ la sistematica mancata prestazione di lavoro straordinario da parte del ricorrente ”. Così come non ha certamente aiutato il “prolungato e sistematico contegno del dipendente improntato ad assenza di spirito collaborativo, a pervicace violazione di un obbligo imposto da direttiva aziendale conformemente alle previsioni del contratto collettivo ed a plateale noncuranza degli interessi dell’impresa datrice di lavoro”.

La complessa sentenza della Corte di Cassazione si conclude con il respingimento anche del ricorso incidentale della parte datoriale; la sentenza impugnata, nella parte in cui ha configurato in termini di “notevole inadempimento ” la condotta del dipendente “non ha inteso escludere che essa integrasse i caratteri della insubordinazione, ma solo che tale insubordinazione non fosse di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto“.

L’apprezzamento della gravità dell’illecito si sottrae alle censure articolate dalla società spettando inevitabilmente al giudice di merito il concreto apprezzamento del fatto. Giudice di merito che correttamente aveva inquadrato il comportamento del dipendente come “insubordinazione semplice” (sanzionabile tramite licenziamento con preavviso) e non come “grave insubordinazione verso i superiori” (sanzionabile invece tramite licenziamento senza preavviso). Da qui la configurazione della fattispecie come un caso di giustificato motivo soggettivo (per il quale è prevista una indennità di preavviso), anziché di giusta causa (al verificarsi della quale il rapporto di lavoro viene interrotto senza alcuna indennità).

In conclusione: licenziamento legittimo, ma per giustificato motivo soggettivo; da qui la conferma della indennità di mancato preavviso, a favore del lavoratore, nella misura di 2,5 mensilità.

Autore: Giorgia Granati –  Sistema Ratio Centro Studi Castelli.

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