Secondo Danilo Riponti, avvocato penalista e criminologo, “bisogna svolgere una più qualificata e attenta informazione sui fatti giudiziari e sui contenuti criminologici, rigorosamente secondo leggi e dati scientifici.
Il che vuol dire proporre (nelle diverse sedi mediatiche, educative, istituzionali) concetti che possano essere percepiti in modo corretto dalla società civile e farlo in maniera che una tesi non vengano scambiati come verità assolute, creando contrapposizioni e cortocircuiti relazionali tra le persone”.
Una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo , “Lancet”, sta analizzando rigorosamente il fenomeno del LC PASC -Long Covid basandosi su elementi raccolti in modo rigoroso e competente “senza creare allarmismi ingiustificati – continua Riponti – ma anche con volontà di non nascondere alcune informazioni perché sarebbe politicamente corretto e preferibile non affrontarle per esorcizzare il dramma della pandemia: la stessa è superata nella fase acuta ma le sue conseguenze , specie quelle psichiche e psicosociali , devono essere gestite con intelligenza e informazione”.
Secondo l’avvocato è infatti necessario affrontare con serietà e coraggio tutti i problemi che la pandemia e LC PASC ha causato nella popolazione, sotto un profilo psicologico e psicosociale, oltreché individuale, dato che “questa situazioni hanno avuto numerose ed esplicite ricadute, oltre che dal punto di vista sociale anche in termini criminologici”. I fatti violenti ovvero di rilevanza penale collegati alla pandemia e alle sue conseguenze sono assolutamente palesi e secondo Riponti giovani, donne e anziani sono le tre categorie più duramente colpite dagli effetti sociali del covid.
I giovani e il “furto del futuro”
“I giovani sono stati fortemente penalizzati dalle misure di isolamento imposto che hanno isolato i rapporti interpersonali che per loro sono fondamentali” spiega Riponti. Questa “chiusura” ha causato lo sfogo verso il mondo virtuale della rete e verso i social network dimenticando le dinamiche più costruttive della crescita giovanile.
Questa esagerata, forsennata digitalizzazione delle esperienze, ha portato a gravi squilibri individuali, ed è un errore incentivarla a tutti i costi, perché l’essere umano è portato di una dimensione di fisicità che è un valore relazionale fondamentale e non può essere soppressa, altrimenti si rischia di generare mostri. Il fenomeno degli hikikomori – che analizzeremo in prossimo futuro in modo specifico – deve far riflettere attentamente, e i fatti pandemici ne hanno allargato significativamente il numero.
“Sono frequenti le ansie, anche molto gravi, che hanno subito i giovani durante il covid – precisa l’avvocato – vivendo la consapevolezza non solo delle difficoltà nella crescita educativa e relazionale, ma anche di una vera e propria assenza di un proprio futuro esistenziale e sociale”.
L’avvocato parla di “furto del futuro” che ci impone di essere particolarmente vicini e disponibili coi giovani, dato che questo fenomeno sta creando grandi problemi a una generazione che ha pagato un prezzo altissimo anche alle “purtroppo dolorose limitazioni atte a contrastare la pandemia”, per esempio in termini di aggregazioni malsane e devianti, non solo virtuali, (ad esempio le baby gang), che vanno contrastate in modo sano e propositivo.
Gli anziani e l’eccesso opposto rispetto ai giovani
Le persone più anziane hanno subito un molteplice trauma dal covid. Sono stati loro, infatti, i soggetti più deboli e attaccabili dal virus, fatto che ha generato paure e angosce diffuse, ma erano anche quelle persone che molto spesso si sono ritrovate chiuse in casa, e con strumenti cognitivi inidonei a vivere una informazione adeguata, vivendo nell’ansia e nell’angoscia tipiche di chi non può comprendere a fondo un pericolo.
La mancanza di competenze informatiche e telematiche li ha spesso emarginati, costituendo un eccesso opposto a quello giovanile, ma altrettanto nefasto per la salute e l’equilibrio mentale.
“Sono stati molti, infine, gli anziani, quelli della quarta età per intenderci, che hanno vissuto un vero e proprio periodo di terrore – prosegue Riponti – per la paura di morire soli, senza un abbraccio e l’affetto dei propri cari”.
Le donne e il fenomeno “codice rosso”
Non è un luogo comune quello che le donne siano state fortemente penalizzate dalla pandemia. Riponti spiega infatti che il covid ha “accentuato le disparità sociali e molto spesso le donne si sono trovate a dover gestire con enorme fatica una molteplicità di ruoli, in termini ancor più difficili e problematici di quanto non avvenga normalmente”.
Le convivenze forzate dettate dall’isolamento imposto hanno fatto sì che la donna fosse soggetto particolarmente debole ed esposto nelle conflittualità familiari. Anche questo tema, di grande importanza nell’epoca attuale (fenomeno “codice rosso”), verrà trattata in modo specifico e approfondito in una altra occasione.
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