Tutti hanno ancora negli occhi la gioia del governatore Luca Zaia, di Innocente Nardi e dell’allora ministro Gian Marco Centinaio a Baku e la contemporanea festa a Valdobbiadene dei sindaci dei 15 Comuni appena proclamati Patrimonio Unesco. Era domenica 7 luglio, esattamente un anno fa.
Di questa gioia oggi cos’è rimasto? Che cos’è cambiato per chi vive da sempre questo territorio e lo ama da quando l’idea Unesco non era nemmeno un sogno? Tutti apprezzano la vita quotidiana nelle colline di Conegliano e Valdobbiadene?
La crescita delle presenze turistiche, anche di personaggi illustri, c’è stata e i dati lo confermano. Per molte persone, chi vive il territorio ogni giorno, nulla è cambiato; certo, è una soddisfazione vivere in un luogo riconosciuto come eccellenza mondiale ma la vita è continuata normalmente senza nemmeno rendersi conto di cosa significhi questo “titolo onorifico”. Anche la vita agricola è proseguita e chi era abituato a lavorare in una certa maniera, come insegnato dai propri avi, ha continuato a curare il vigneto meglio del giardino di casa.
Al tempo stesso, dopo la proclamazione del 7 luglio 2019, sono rimasti anche gli aspetti divisivi all’interno del territorio tra coloro che puntano alla valorizzazione del nome “Valdobbiadene” per staccarsi per sempre dal generico “prosecco” e tra quanti criticano in modo generalizzato, a torto o a ragione, in base a ciò che realmente accade in un’area geografica dove le case sono di frequente immerse nei vigneti.
Un territorio Unesco dove il campanilismo è rimasto; basti pensare alla “bagarre” per l’assegnazione della nuova sede Unesco tra Pieve di Soligo e Valdobbiadene, risolta per intervento del governatore Zaia assegnando a Villa dei Cedri il prestigioso onore.
Poi è arrivata la forte presa di posizione della Confraternita di Valdobbiadene, da sempre legata al valore del territorio e della sua gente piuttosto che al “business prosecco”, per far riflettere il Consorzio di tutela Conegliano-Valdobbiadene docg sulla necessità di eliminare il generico termine “prosecco” dalle bottiglie a favore di un più identitario “Valdobbiadene Docg”, con tanto di raccolta di istanze inviate a tutti i produttori aderenti al consorzio stesso.
Una presa di posizione che va di pari passo con quella che molti considerano una non adeguata valorizzazione anche in termini di marketing del lavoro di fatica in “riva”, dove le ore ettaro annuali sono ben più alte rispetto a quanto avviene nella zona della doc ma anche in alcune aree della docg. Uno spiraglio di speranza è arrivato la scorsa settimana dal ministro Teresa Bellanova, in accordo con i ministri Costa e Franceschini, con la firma di un decreto legge che vuole tutelare la viticoltura eroica e i vigneti storici (impianti precedenti al 1960).
Fino ad arrivare alla recente diatriba all’interno del Consorzio della docg Valdobbiadene Conegliano non solo per scegliere il successore di Innocente Nardi ma, anche, per ridistribuire con “pesi” diversi le cariche consiliari all’interno dell’ente di Pieve di Soligo, con i rappresentanti dei produttori messi ulteriormente in minoranza. Per non parlare degli effetti del Covid sul prezzo di vendita dell’uva al chilo e sulle quote ettaro per l’annata 2020, entrambi ridimensionati al ribasso: decisoni non gradite a molti produttori.
Infine l’aspetto della sostenibilità ambientale, che va di pari passo con la promozione turistica. Una dura battaglia dei comitati spontanei ambientalisti, ma non solo, come ad esempio i gruppi “Stop pesticidi Miane” e “Per i nostri bambini – Gruppo Vallata” o il comitato contro il vigneto di San Giacomo di Veglia, che non si fermano e che stanno aumentando sempre di più le proprie fila.
Prese di posizione forti che partono dagli errori di pochi, a volte con riflessioni giuste che trovano l’appoggio di quei contadini che lavorano non solo per se stessi ma pensando anche al bene delle generazioni future. Un punto d’incontro molti confidano possa esserci ma, al momento, non c’è stato perchè probabilente è mancato l’incontro pacifico vis a vis, perchè i trattamenti sistemici si devono fare in un’area con un microclima come quello Patrimonio Unesco ma si devono fare nel rispetto di tutti, prima che delle normative vigenti.
Il cambiamento non deve partire dall’alto ma dal basso, “Siamo Patrimonio Unesco” si è detto un anno fa a Baku, siamolo per davvero facendo squadra Unesco, non gare individuali che non portano vantaggi a nessuno. È questo il messaggio che parte dalla gente e da chi è orgoglioso del territorio in cui vive.
(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it).
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