Con un fatturato che sfiora i 10 milioni di euro (2022), Gava Imballaggi, fondata nel 1963 dal Cav. Giuseppe Gava, rientra nella fascia delle medie e grandi imprese del mercato del pallet italiano. Andrea Attilio Gava amministratore unico dell’azienda, e rappresentante della seconda generazione, ci accoglie nello stabilimento di Godega di Sant’Urbano, un’ampia area che comprende gli uffici e la produzione dove ogni giorno si lavorano oltre 70 metri cubi di legno destinati a trasformarsi in pallet, casse e gabbie per l’imballaggio.
Alla fine del 2019 la società, che conta una oltre una trentina di dipendenti, ha assunto la qualifica di Società Benefit avviando un cambio di paradigma che, al pari del profitto, si pone l’obiettivo di favorire la crescita umana e professionale di chi lavora in azienda, e di garantire un prodotto sostenibile dal punto di vista ambientale.
Andrea Attilio Gava, come si concilia la produzione di imballaggi in legno con la tutela delle foreste?
“Si tutela innanzitutto avendo una grande attenzione verso questa risorsa. Noi in Gava imballaggi, già dal 2008 abbiamo fatto una certificazione di custodia PEFC (per la gestione sostenibile delle foreste ndr), quindi illegno che acquistiamo è prevalentemente certificato da foreste sostenibili a garanzia della legalità e della sostenibilità della risorsa stessa. A oggi siamo alla soglia del 90% di materia prima certificata ma il nostro obiettivo è quello di arrivare al 100%”.
A proposito di sostenibilità cos’è l’EcoPallet?
“L’EcoPallet è un prodotto che abbiamo pensato di offrire al mercato già 10 anni fa destinato a quelle aziende maggiormente attente ai temi della sostenibilità. Questo prodotto riassume in sé tutta una serie di buone pratiche in ambito di sostenibilità e responsabilità sociale di impresa come l’utilizzo di legno certificato PEFC, l’utilizzo nel ciclo produttivo di sola energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, e poi un innovativo studio di LCA (Life Cycle Assessment ndr), realizzato con la collaborazione dell’Università di Padova, con il quale riusciamo a quantificare le emissioni generate durante tutto il ciclo di vita degli EcoPallet consentendoci di calcolare e di compensare, attraverso dei progetti, le emissioni“.
Quali sono questi progetti?
“Sono progetti che prevedono l’acquisto di crediti di carbonio e che poi vanno a compensare la riqualificazione ambientale. In questo modo, chi acquista l’eco pallet non aggiunge esternalità al proprio processo produttivo e anzi contribuisce a queste buone pratiche ambientali”.
Cosa significa essere Società Benefit e cosa vi ha portati a questa scelta?
“Assumere uno stato giuridico di società benefit vuol dire assumersi l’impegno formale di non perseguire solo il profitto, ma anche degli scopi di beneficio comune che riguardano ovviamente degli impegni verso l’ambiente, verso i collaboratori e verso la comunità. Prendersi questo impegno per noi non è un punto di arrivo, ma una tappa del nostro percorso di responsabilità sociale d’impresa”
Quali sono le principali difficoltà che vive oggi un’azienda come la vostra ?
“In questo particolare momento storico le difficoltà principali sono legate al post pandemia, un passaggio epocale che ci ha portati a metterci in discussione. In generale il nostro mercato soffre della concentrazione delle risorse in mano a pochi soggetti e dell’abbandono della nostra filiera (italiana ndr) del bosco. L’esempio eclatante sono stati gli alberi caduti a causa della tempesta Vaia. Se non fossero venuti a prendercelo gli austriaci o i tedeschi probabilmente gran parte di quel legno sarebbe ancora nel bosco. Bisognerebbe che chi ha competenza in questo ambito mettesse in piedi un piano strategico per rimettere in piedi la filiera del bosco, il che significherebbe avere una risorsa locale, creare economia e occupazione”.
Secondo lei è più difficile fare impresa oggi rispetto a 50 anni fa?
“Ogni epoca ha le proprie difficoltà ma per certi versi credo che oggi sia più complesso soprattutto perché siamo succubi di un eccesso di burocrazia che non ha niente a che fare con il valore della sicurezza o dell’ambiente. Sembra una burocrazia fine a sé stessa in quanto l’importante è avere le carte a posto, poi cosa succede non si sa. A mio avviso se vogliamo preservare l’impresa, che è l’unico luogo dove si crea valore, dobbiamo metterla nelle condizioni di competere. Per fare questo bisogna cambiare il paradigma secondo il quale oggi se succede qualcosa si fa una norma per evitare che accada nuovamente. In realtà noi dobbiamo perseguire chi fa le cose fatte male e mettere in una posizione competitiva chi le fa bene”.
Essere imprenditori significa assumersi delle responsabilità e prendere delle decisioni che poi hanno ricadute su molte persone. Come si fa a non farsi schiacciare dal peso delle scelte?
“Questa è sicuramente una bella sfida, che riguarda tutti. Ognuno nel proprio ambito ha delle responsabilità, chiaramente in forme diverse e credo che sia una sfida presente in ogni epoca. Personalmente cerco di mantenere un equilibrio sapendo che ho delle responsabilità su di me e sui miei cari, ma anche su tutti i miei collaboratori che considero la mia famiglia allargata. Come dicevano i nostri vecchi ‘il mondo non si è mai fermato’ spetta a noi cercare di rendere migliore il nostro piccolo”.
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it