Proprio in occasione del mese dedicato a Maria, la madre di Gesù, l’avvocato Danilo Riponti, appassionato studioso di “Medioevo Veneto”, ci accompagnerà alla scoperta di un sito davvero suggestivo come quello dell’Abbazia di Santa Maria di Follina.
Continuano quindi gli approfondimenti di Qdpconoscere, la rubrica culturale di Qdpnews.it che ha l’obiettivo di far avvicinare i lettori del quotidiano online dell’Alta Marca Trevigiana alle perle storico-artistiche, naturalistiche ed enogastronomiche del territorio, con la volontà di ripartire sempre dalla bellezza di ciò che ci circonda per guardare con positività al futuro.
“Questa abbazia – spiega l’avvocato Riponti – sorge per la devozione mariana nel cuore del Medioevo. L’insediamento originario, probabilmente, è benedettino, forse i monaci di San Fermo di Verona sono i primi occupatori di quest’area ma il 29 maggio del 1146 arrivano in questo sito i cistercensi (provenivano dalle abbazie milanesi di Chiaravalle e Cerreto di Lodi, inviati con tutta probabilità da San Bernardo di Chiaravalle). Loro appartengono a un ordine riformato benedettino che nasce a Cîteaux (in latino Cistercium) ed esprimono la più alta spiritualità teologica del Medioevo. La presenza dei cistercensi, prima, e molto dopo quella dei serviti dell’Ordine dei Servi di Maria rappresenta splendidamente il culto particolare riservato alla Madonna in questo sito”.
“San Bernardo – prosegue -, oltre ad essere il più raffinato teologo del Medioevo, sappiamo che fu definito il “dittatore intellettuale della cristianità” nel periodo medievale per la potenza incontrovertibile delle sue tesi, aveva anche delle teorie architettoniche per meglio esprimere la spiritualità. Amava le pareti spoglie, non amava le decorazioni, la luce e il chiarore dovevano essere i centri dell’attenzione e della concentrazione monastica che non doveva essere distratta dalle immagini. Qui a Follina abbiamo un esempio praticamente perfetto. È una chiesa originaria del 1200 però questa forma di chiesa ha una struttura tipicamente cistercense che risale al periodo tra il 1305 e il trentennio successivo, il 1335. I due abati protagonisti di questa straordinaria e magnificente opera sono Gualtiero da Lodi (1305) e Nordio da Treviso (1335) che esauriscono questa splendida chiesa”.
Un po’ prima – precisa l’avvocato Riponti -, l’abate Tarino, sempre cistercense, realizza un chiostro quasi unico per la sua bellezza e il suo fascino. C’è una targa che ricorda la realizzazione del chiostro nel 1268: rappresenta la testimonianza della nascita di un chiostro che, per certi aspetti, è unico anche nella stessa architettura sacra cistercense. La caratteristica è che tutte le colonne sono assolutamente diverse e tutte coperte da simboli. Le colonne si rapportano in una struttura quadrata a un centro dove l’acqua, la sorgente della vita, diffonde la benedizione divina verso il creato. Tutta questa complessità e questa diversità rappresentano un’epifania simbolica dell’intero creato, è come un libro aperto sulla creazione e il monaco che viveva nel chiostro tutte le ore della sua devozione religiosa aveva modo, girando nel chiostro, di cogliere enormi, profondi messaggi sulla spiritualità propria dell’ordine cistercense”.
“Questa abbazia – prosegue – fra il 1146 e la metà del 1400 è cistercense, prima era benedettina e poi dal 1570 circa in poi diviene camaldolese. Ci sono dei motivi per cui i cistercensi sono andati via, sono ascrivibili ad una “responsabilità” della Serenissima Repubblica di Venezia. I camaldolesi sono rimasti qui, chiamati nel 1573 circa, per dare continuità ai servizi religiosi dell’abbazia e restano fino sostanzialmente alle violenze napoleoniche che travolgono anche Follina e determinano la chiusura dell’abbazia. Poi, dal 1905, con una felicissima intuizione arrivano i Servi di Maria, un ordine medioevale antichissimo, 1233 la fondazione dell’ordine da parte dei sette savi fondatori che erano laici che, per una particolare devozione alla Madonna, lasciano praticamente le loro occupazioni e si dedicano a una vita contemplativa alla ricerca di Dio. Arrivano qui e da allora sono state le guide spirituali dell’abbazia”.
Spostandosi nella chiesa, a colpire è l’altare maggiore con una preziosa ancona gotica di legno intagliato e dorato, imitazione di quella antica che si trova a San Zaccaria a Venezia, eseguita da validi artigiani nel 1921. In alto, nella nicchia, si trova l’immagine della Beata Vergine di Follina in pietra grigia, oggetto di venerazione popolare già prima dell’anno mille.
“Questa figura di Madonna scura – spiega l’avvocato Danilo Riponti – è una Madonna dalle forme iconografiche molto particolari. Si ritiene che sia una statua dell’VIII secolo riconducibile alla tradizione iconografica nubiana: quindi a una devozione copto-etiope. Si è detto che potrebbe essere opera di una manifattura longobarda, sempre dell’VIII secolo ma che comunque si è ispirata a quel tipo di tema iconografico. È il centro della spiritualità e il centro della devozione di Santa Maria di Follina che ha senso come centro di spiritualità proprio nella misura in cui vi è la devozione alla Madonna”.
“Questa devozione – aggiunge -, al centro dell’ancona, si propaga poi su tutte le forme bellissime di questa chiesa abbaziale. L’intero edificio echeggia alla Madonna, anche archeo-astronomicamente. Perché? La chiesa non è in asse con l’abside che ha un asse leggermente spostato rispetto alla chiesa. L’abside, l’altare occupava l’est, il sole che sorge, e l’ovest era lo spazio mondano dove la luce proveniente dal sole che sorge del Cristo spirituale doveva inondarsi. La leggera, seppur impercettibile, disallineatura è probabilmente legata al fatto che l’asse dell’abside è sempre rivolto a est ma ha l’orientamento preciso del 25 marzo: cioè dell’Annunciazione”.
“Archeo-astronomicamente – conclude – tutta la struttura dell’edificio richiama all’Annunciazione che era una delle quattro grandi feste mariane nel Medioevo. Ladevozione mariana si sposa mirabilmente con un ruolo femminile importantissimo che in questa abbazia c’è stato: il ruolo di Sofia da Camino, più nota come Sofia di Colfosco. È stata una delle più grandi donne della storia universale medievale perché, con autonomia straordinaria, ha avuto il coraggio di donare il 18 giugno del 1170 questo complesso abbaziale e molte altre chiese collinari all’ordine cistercense. Quando, nel 1562, questa abbazia è stata data in commenda ad un grande santo dell’epoca, San Carlo Borromeo, lui espresse la sua preghiera e il suo ringraziamento proprio a Sofia di Colfosco, grande donna protagonista del Medioevo che meriterebbe di essere studiata con attenzione”.
(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
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