Pillar 2 e minimum tax

Raggiunto l’accordo in sede UE sulla direttiva che implementerà dal 2024 una minimum tax al 15% per tutte le entità che fanno parte di Gruppi multinazionali e nazionali con fatturato consolidato superiore a 750 milioni di euro.

Il cantiere sempre aperto in sede OCSE, in materia di fiscalità internazionale, ha prodotto in ottobre 2021 un accordo tra 137 giurisdizioni per riformare il quadro fiscale internazionale e per meglio affrontare le sfide fiscali dell’economia digitale.

Le discussioni si sono incentrate su 2 grandi temi: il primo pilastro (Pillar 1) riguarda la ridistribuzione parziale dei diritti di imposizione e il secondo (Pillar 2) riguarda il livello minimo di tassazione in ciascuna giurisdizione degli utili delle maggiori imprese multinazionali.

In questo contesto, i 27 Paesi UE dopo un lungo negoziato hanno approvato a livello diplomatico un progetto di direttiva che implementerà il 2° pilastro dell’accordo, introducendo un’ aliquota minima effettiva del 15% in ciascuno dei Paesi UE, mentre il 1° pilastro è ancora in fase di dibattito.

La direttiva si applicherà ai gruppi multinazionali e domestici di maggiori dimensioni, ossia con entrate finanziarie consolidate di oltre 750 milioni di euro all’anno e con una società madre o una controllata situata in uno Stato membro dell’UE. La Direttiva dovrà essere prima approvata in sede UE, poi trasposta dagli ordinamenti nazionali entro il 2023 e, quindi, implementata per l’inizio del 2024.

Il meccanismo della direttiva scatta quando la giurisdizione in cui opera una società controllata applica un’aliquota minima effettiva inferiore al 15%. In tal caso, lo Stato membro della casa madre deve applicare un’imposta complementare (top-up tax).

Lo scopo della riforma è quello di neutralizzare le politiche fiscali aggressive attuate da alcuni Stati a danno di altri, riducendo così la competizione sleale quantomeno per le società di più rilevanti dimensioni.

La gestione della minimum tax si prospetta complessa e richiederà un sistema centralizzato di contabilità fiscale con nuovi oneri di compliance non indifferenti.

Il reddito fiscale di ciascun Paese dovrà subire opportuni aggiustamenti per tener conto, ad esempio, della tassazione differita. Inoltre, nei Paesi dove sono allocate particolari risorse quali forza lavoro e asset tangibili (sostanza) è garantita una riduzione della base imponibile assoggettata alla nuova minimum tax. Nel periodo iniziale questa riduzione (substance carve-out) sarà più accentuata per diminuire gradualmente nel corso di un decennio.

La proposta di direttiva non ignora i costi di compliance che le imprese saranno costrette a subire: a tale scopo sono previste esclusioni specifiche de minimis nelle giurisdizioni dove la presenza è marginale.

Inoltre, rimangono esclusi tutti gli organismi che, per le loro finalità, non sono normalmente soggetti a imposizione sul reddito (quali enti governativi, organizzazioni internazionali, fondi pensione, ONG, organizzazioni che si occupano di sanità pubblica). Sono anche esclusi quei soggetti, come gli organismi di investimento, che sono tassati al livello dei partecipanti.

La proposta di direttiva valorizza la maggior trasparenza che si riuscirà a creare grazie al flusso di informazioni che le multinazionali raccoglieranno e metteranno a disposizione degli stakeholders, primi tra tutti le autorità fiscali.

La riforma è stata definita una rivoluzione in campo fiscale e, anche se interesserà un numero limitato di soggetti, segnerà inevitabilmente il sistema fiscale internazionale e quello domestico.

Autore: Alberto Di Vita – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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