Avvistato un capriolo albino al Parco Marinai d’Italia. Il tecnico faunista Dartora: “Ogni tanto capita anche nel nostro territorio”

Bianchina, il celebre capriolo Albino di Conegliano, è approdata nella Destra Piave? Lo hanno pensato in molti dopo aver visto la foto di un capriolo albino avvistato a Cornuda, nei pressi del Parco Marinai d’Italia.

Il pederobbese Fabio Dartora, tecnico faunista esperto in monitoraggio della fauna selvatica, ha spiegato che questo succede un po’ ovunque, con segnalazioni che arrivano anche da questa zona della provincia di Treviso.

In ogni caso, imbattersi in un capriolo albino è un’emozione non da poco, soprattutto nel periodo natalizio, da sempre contraddistinto da storie per bambini che hanno come protagonisti animali “fantastici”.

“Complimenti a chi lo ha visto e fotografato – commenta il sindaco Claudio Sartor – Sicuramente è stata una fortuna vederlo dal vivo, così vicino ad una zona residenziale. Sembra un segnale vederlo alla vigilia del Natale. In molte tradizioni antiche il capriolo bianco rappresentava il simbolo del sole nascente, mediatore tra il cielo e la terra. Un significato molto simile alla Natività. Mi auguro che sia di buon auspicio per la nostra comunità, in termini di serenità e salute”.

“Il capriolo è un mammifero erbivoro – si legge in un approfondimento sul capriolo curato da Dartora per Qdpnews.it – e un ungulato (animale provvisto di zoccoli) della famiglia dei cervidi. Si ciba di erba, foglie e germogli preferendo le fasce ecotonali che caratterizzano quella diversità vegetazionale molto complessa. Infatti, il capriolo si trova spesso in zone di transito tra bosco e prato, apprezzando anche campagne coltivate frammentate da siepi. Il capriolo pesa circa 25 chilogrammi e i maschi, a differenza delle femmine, presentano i palchi che non sono delle corna”.

“Infatti – prosegue – ogni anno, tra ottobre e novembre, il capriolo perde i palchi per iniziare poco dopo la crescita di quelli nuovi che, in questa fase, sono ricoperti da un velluto. Nel mese di aprile si conclude la crescita dei palchi e il capriolo, sfregandoli nei tronchi delle piante, toglie il velluto ormai secco mettendo in mostra i nuovi palchi che nell’adulto avranno sempre una stanga e tre punte. A quel punto, la bella stagione mette in moto gli ormoni dell’ungulato che perderà il pelo grigio invernale per accendersi di un rossiccio quasi arancione”.

Le marcature territoriali del maschio si fanno frequenti – precisa Dartora – e lui strofina i palchi e le ghiandole frontali nei tronchi, solitamente di alberelli giovani, e con gli zoccoli anteriori raspa il terreno sottostante marcandolo con le ghiandole interdigitali. Tra luglio e agosto c’è l’accoppiamento e nella primavera successiva, tra metà maggio e metà giugno, nascono da uno a tre piccoli. La strategia del piccolo capriolo, nato da poco, consiste nell’immobilizzarsi tra l’erba alta o nel sottobosco, mimetizzandosi con il manto marrone a macchie bianche”.

“La madre – aggiunge il tecnico faunista – lo lascia così in un tutt’uno con il territorio che lo ospita e andrà ad allattarlo solo quando è necessario, generalmente ogni 4 ore circa con una pausa nelle ore centrali della giornata e intensificando le attività tra l’alba e il tramonto. A questo punto, la faccenda si fa delicata perché nelle belle giornate di maggio sono molte le persone che, passeggiando nei campi e nei boschi, trovano i piccoli di capriolo immobili nel terreno. La gente crede che siano stati abbandonati e li raccoglie o li accarezza: nulla di più sbagliato”.

Se vi capita di incontrare dei piccoli di capriolo appena nati – conclude – indietreggiate il prima possibile e allontanatevi senza interagire perché la madre è sicuramente nei paraggi e si prenderà cura di loro. In primavera, credendo di fare del bene, capita di mettere in pericolo la fauna selvatica. Non raccogliete le giovani leve che trovate nel vostro cammino perché a breve saranno in grado di arrangiarsi anche senza i genitori: lasciate loro solo il tempo di farlo. Se volete salvarli non toccateli perchè la madre, sentendo l’odore umano, potrebbe abbandonarli”.

(Foto: per concessione di una lettrice Angela Zuanetti).
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