4,5 milioni di italiani hanno approfittato del lungo ponte dell’Immacolata per passare qualche giorno in montagna sulla neve dopo che le difficoltà degli ultimi anni. E’ il bilancio tracciato dalla Coldiretti in occasione della Giornata internazionale della montagna istituita dalle Nazioni Unite che si celebra l’11 dicembre in tutto il mondo per iniziativa della Fao.
“Si tratta di un risultato importante – sottolinea la Coldiretti – non solo sulle piste da sci ma sull`intero indotto delle vacanze in montagna, dall’attività dei rifugi alle malghe fino agli agriturismi. L’economia che ruota intorno al turismo invernale ha un valore stimato prima dell’emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera. Proprio dal lavoro di fine anno dipende, infatti, buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole con le attività di allevamento e coltivazione che svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio”.
“Sulle montagne venete dalle Dolomiti all’Altopiano dei Sette Comuni si registra il pienone – spiega Diego Scaramuzza presidente regionale e anche nazionale di Terranostra Campagna Amica Coldiretti – sono quasi 1500 le aziende agrituristiche per la maggior parte situate in pianura un terzo in collina e 250 sui monti. La disponibilità è di 44,8 mila posti a tavola 13mila posti letto. Inoltre 673 malghe custodiscono l’architettura rurale dando forma al paesaggio come espressione dell’identità dei luoghi in una relazione di integrazione tra i sistemi produttivi locali e la conservazione della biodiversità agricola”.
“Per celebrare il valore della montagna – continua la Coldiretti – occorre quindi ricordare e sostenere il ruolo svolto in questo ambiente dall’agricoltura e dall’allevamento che ne assicura la vitalità e ne disegna in modo profondo le forme ed i colori. La montagna copre oltre 1/3 del territorio nazionale (35%) secondo la Coldiretti ma rischia l’abbandono per le difficoltà che hanno costretto centinaia di migliaia di aziende agricole a chiudere i battenti per la mancanza di opportunità”.
“Il rischio concreto è lo spopolamento di questi luoghi che mette a rischio anche dalla presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio-economico delle aree più sensibili del Paese perché – conclude la Coldiretti – quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere l’abbandono e il degrado spesso da intere generazioni”.
(Foto: Coldiretti).
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