Facciamo un grande passo indietro nel tempo: ci troviamo nel 1925, è venerdì 14 agosto e stiamo leggendo la Gazzetta Ufficiale Del Regno d’Italia numero 188. Abitiamo nel Quartier del Piave, siamo abituati a recarci spesso in altri centri cittadini perché disponiamo di una linea tramviaria ormai da oltre 10 anni.
È per questo che abbiamo un’espressione scontenta in volto quando leggiamo queste parole: “Con il Regio decreto viene ufficializzata la revoca della concessione per l’impianto e l’esercizio della tranvia a vapore dalla stazione ferroviaria di Susegana a Pieve di Soligo”:
“Sulla proposta del Ministro per i lavori pubblici; Abbiamo decretato e decretiamo: È revocata la concessione, accordata con Nostro decreto 28 aprile 1912, n. 480, alla “Società Veneta per costruzione ed esercizio di ferrovie secondarie italiane” dell’impianto e dell’esercizio della tramvia a vapore dalla stazione ferroviaria di Susegana a Pieve di Soligo”.
È attraverso questa ordinanza regia che si ufficializza nero su bianco il declino della tranvia Susegana – Pieve di Soligo, un declino non solo materiale ma anche di rapporti sociali e commerciali.
La linea che aveva funzionato per oltre 10 anni viene lasciata a se stessa: basta manutenzioni, tabelloni aggiornati, bagagli e resse all’apertura dei vagoni, tra fischi e fumo nero.
Si ferma un pezzo di storia nato nel primissimo ‘900, filo rosso tra due zone cruciali della sinistra Piave. La domanda, o meglio, le domande, però sorgono spontanee: come mai, quando e come funzionava quest’innovativa linea tranviaria, e perché ora non ne restano tracce?
Era il 16 novembre 1913 quando, ideata dalla ditta Società Veneta, venne inaugurata la tranvia che avrebbe finalmente allacciato i comuni del Quartier del Piave alla linea ferroviaria nazionale della stazione di Susegana, con lo scopo di migliorare le interazioni socio economiche di due poli potenzialmente in crescita e di renderli partecipanti attivi della vita dei centri maggiori.
Il progetto si sviluppava su un percorso di 12,8 km (alcuni ricordano una tratta più breve, ma mai superiore ai 13 chilometri), con binario unico. I capolinea erano due, Pieve di Soligo e Susegana, più precisamente a Ponte della Priula, nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria statale conosciuta come “Susegana Ferrovia”, mentre le fermate intermedie erano appena 3: Colfosco, Falzè di Piave (un tempo chiamata Falsè) e Barbisano.
Per la realizzazione della prima linea tranviaria che avrebbe attraversato la valle del Soligo entusiasmando le genti contadine e i signorotti più dinamici, si spesero ben 450 mila Lire, a cui se ne sommarono altre 122 mila per il materiale rotabile, mentre per il funzionamento della linea la Società Veneta richiese un contributo annuo di 35.750 Lire, pari a 2.750 Lire per km. Una somma che oggi parrebbe irrisoria, ma che nel 1913 era quasi proibitiva, a dimostrazione di un investimento concreto per il futuro della zona.
Chi poteva permettersi di viaggiare con questo mezzo inusuale per il territorio di allora, poteva disporre di tre locomotive a vapore suddivise in vetture di prima o di seconda classe, impreziosite da una linea telefonica, a cui si sommavano dieci carri, chiusi o aperti, per il trasporto delle merci.
I più esperti, quelli che non si facevano impressionare dalla novità, indicando il binario unico spiegavano ai curiosi che le locomotive erano bidirezionali: i treni arrivati all’ultima fermata del percorso in piazza a Pieve, detta “Pieve Centro”, retrocedevano fino alla vicina stazione per fare il testa-coda e tornare verso Susegana.
In verità neanche i più informati sapevano che inizialmente il progetto presentato dalla Società Veneta prevedeva un prolungamento fino a Follina, progetto ritirato appena tre mesi dopo ma sorprendentemente ripreso, in circostanze totalmente differenti, all’indomani della Grande Guerra.
Gli effetti del conflitto sono ben presenti nella memoria comune dei veneti e tutti ricordano che gli impianti della tranvia, come molte altre strutture, non hanno superato indenni la furia bellica: furono talmente danneggiati che l’amministrazione austroungarica, come ulteriore schiaffo dopo la sconfitta di Caporetto, decise di sopprimere l’intera linea.
Non fu questo però il capitolo conclusivo della sua esistenza: venne di fatto ricostruita in forma di ferrovia militare chiamata “Feldbahn”, un nome che oggi forse ricordano in pochi, e per un breve periodo diede vita all’originario progetto di Società Veneta arrivando appunto fino a Follina e Revine Lago.
È qui che il nostro passo all’indietro si rifocalizza alla lettura del decreto regio del 1925: in seguito all’armistizio, vista la mancata collaborazione della ditta costruttrice, fu lo Stato a occuparsene e nel concreto, a rendere il destino della tranvia sempre più incerto.
Il passaggio di gestione fino al 1931 non fu mai chiaro e non riuscì a restituirle l’antica gloria, la carenza di materiale fotografico e i ricordi dei più anziani inoltre potrebbero suggerire l’abbandono dei binari già nel 1922, nove anni prima della data ufficiale.
Lo sguardo è ancora rivolto indietro, a rievocare con un velo di nostalgia quando la valle del Soligo era attraversata da una linea di vapore scuro, ma aprendo gli occhi sul presente modernizzato, dove una locomotiva a binario unico creerebbe forse ancora più scalpore, si possono toccare con mano le testimonianze di inizio secolo.
A Pieve di Soligo in via Lamberto Chisini è tuttora presente il fabbricato che ospitava la stazione, oggi un anonimo garage chiuso da una catena arrugginita, di fronte a una pompa di benzina. A Ponte della Priula invece è visibile la rimessa abbandonata che si trovava di fronte al Tempio Votivo, dove ora c’è il consorzio agrario.
Elementi preziosi che sfuggono ai più, ma che a distanza di oltre 100 anni rimangono gli unici testimoni di una storia che si inizia a raccontare quasi scherzando: “Ma voi lo sapevate che una volta, a Pieve, passava il treno?”
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