Tragedia dell’A28: sette anni di reclusione per Dimitre Traykov, ma resta ai domiciliari

È pari a 7 anni di reclusione la sentenza emessa oggi martedì 28 giugno dal giudice Monica Biasutti del Tribunale di Pordenone nei confronti di Dimitre Traykov.

L’imprenditore bulgaro la sera del 30 gennaio scorso sull’autostrada A28 aveva travolto con un Suv Land Rover Freelander ad una velocità di 180 km/h la Fiat Panda sulla quale viaggiavano le cugine Sara Rizzotto (26 anni) e Jessica Fragasso (21), poi decedute.

Alla lettura della sentenza erano presenti i familiari delle due ragazze e l’imputato, giunto sul posto con i propri avvocati difensori Gianni Massanzana e Loris Padalino.

La pena ha tenuto conto dei capi d’accusa di cui il 61enne residente a Pordenone doveva rispondere: omicidio stradale aggravato da omissione di soccorso e fuga. Non sarebbe stata riconosciuta, invece, l’aggravante della guida in stato di ebbrezza.

Le motivazioni della sentenza arriveranno tra quindici giorni e dovrebbero chiarire, come affermato dagli avvocati di parte civile Enrico D’Orazio e Alessandra Nava, quanto deciso dal giudice al termine del processo, che si è svolto con rito abbreviato.

Per quanto riguarda i risarcimenti, a ciascun genitore sono state riconosciute provvisionali in forme immediatamente esecutive di 35 mila euro, e una somma di circa 20 mila euro per gli zii e i nonni delle vittime.

Traykov, che durante la lettura della sentenza sarebbe rimasto impassibile e che si era sempre avvalso della facoltà di non rispondere, starà ai domiciliari.

Non si dicono d’accordo con tale decisione i parenti delle cugine (in foto con l’avvocato D’Orazio), i nonni di Sara, Loredana Armellin (72 anni) e Natalino Rizzotto (77) residenti a Conegliano, con i quali la ragazza viveva fino al momento della tragedia insieme alle bambine che oggi hanno 3 anni e 9 mesi e che risiedono attualmente, insieme al padre, a San Fior. Tale distacco ha reso per gli anziani coniugi la situazione ancora più tragica.

Sara si era laureata con 110 e lode in Assistenza sanitaria e in seguito, dopo un master, aveva trovato lavoro all’Ulss 2 a Conegliano.

Avrebbe voluto vedere l’imputato in carcere anche la madre di Sara, Stefania Di Grazia, presente oggi in tribunale: “Non dovrebbe stare ai domiciliari ma la legge per l’omicidio stradale, purtroppo, è questa. L’uomo, dopo il fatto, se non bastasse, si era allontanato lasciando le bambine in auto piangenti”.

Alain Fragasso, padre di Jessica, si aspettava una pena simile ma, come ha dichiarato dopo l’udienza, non comprende perché il giudice non abbia considerato lo stato di ebbrezza. “Ancora non ho accettato la morte di mia figlia e mia nipote ma questa è la sentenza e bisogna accettarla. Sinceramente non chiedevamo altro che la giustizia ma qui la giustizia ha fatto un po’, non tantissimo. Non voglio dare la colpa al giudice, che ha fatto il suo lavoro e anche bene, però queste leggi vanno riviste”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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