Non è sicuramente una novità di questi ultimi anni ma, anche per la vendemmia 2019, nell’Alta Marca Trevigiana si fa fatica a trovare un numero sufficiente di vendemmiatori disponibili a lavorare nei pendii eroici che distinguono in tutto il mondo un territorio che, ora, è Patrimonio dell’Umanità.
Non mancano mai le storiche squadre di pensionati che, arrivando anche da altre province del Veneto, non vogliono perdersi l’esperienza di due o tre settimane di lavoro tra i vigneti delle colline del territorio di Conegliano e Valdobbiadene.
A queste persone si aggiungono disoccupati e studenti universitari alla ricerca di un’occupazione temporanea tra la preparazione di un esame e la frequenza di un corso universitario e l’altro.
Ecco che allora diventa indispensabile la presenza dei lavoratori stranieri che vengono ingaggiati grazie a cooperative del territorio che collaborano con strutture nelle quali sono ospitati richiedenti asilo o migranti in generale.
Se un tempo tra i filari si sentivano le canzoni sul fiume Piave o le tipiche melodie degli alpini, ora è sempre più difficile trovare quell’atmosfera che faceva della vendemmia non solo un periodo di grande lavoro, capace di ripagare un anno di sforzi e sacrifici, ma anche una vera e propria festa, visto che chi lavora nei vigneti è quasi completamente scollegato dalla realtà e dalla storia di questo territorio.
Nigeria, Bangladesh, Pakistan, Romania, Marocco, Costa d’Avorio, Burkina Faso e Macedonia sono solo alcune delle nazioni da cui provengono i “nuovi” vendemmiatori che, svegliandosi molto presto la mattina, raggiungono l’Alta Marca Trevigiana con piccoli pulmini che non è raro veder attraversare le strade dei diversi paesi interessati dalla vendemmia.
Senza queste persone, lo confermano tanti imprenditori agricoli trevigiani, non si riuscirebbe a portare a termine il grande lavoro di queste settimane.
Forse per i problemi fiscali e burocratici che hanno sclerotizzato l’argomento delle assunzioni per attività agricole stagionali, forse per il disinteresse e la poca predisposizione al sacrificio delle giovani generazioni italiane, dal nord al sud dell’Italia l’agricoltura regge ancora grazie al lavoro degli stranieri.
Da Col San Martino a Rosarno, dalle stalle della pianura padana ai campi di pomodori in Sicilia, lavoratori asiatici, africani e dell’Est Europa vengono impiegati ogni giorno nella raccolta di frutta e di ortaggi durante tutto l’arco dell’anno.
Il crescente interesse per le scuole superiori con indirizzo agrario, per i corsi universitari legati al mondo agricolo e per l’agricoltura in generale, con tanti giovani che abbandonano le città o gli uffici per dedicarsi al lavoro dei campi, fanno sperare che sia ancora possibile invertire un trend che sta sottraendo al rito della vendemmia quella “sacralità” che lo ha reso il periodo più importante dell’anno per tanti cittadini dell’Alta Marca Trevigiana.
(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
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