Dal capriolo albino avvelenato al cervo che irruppe in municipio: in nove mesi 2935 esemplari curati dal Centro di recupero animali selvatici della Provincia

Il raro capriolo albino curato da un probabile avvelenamento e poi riconsegnato al branco d’origine stanziato a Collalbrigo di Conegliano; il gufo comune che a febbraio è tornato a volare grazie alla cure di Michela Ziero, delegata della Lav Treviso prematuramente scomparsa a fine gennaio senza poter assistere al totale recupero del suo “protetto”; il piccolo anatroccolo di germano reale, nato a gennaio da una nidiata precoce, trovato abbandonato da un ragazzo; il cigno salvato dagli attacchi di un cane; i leprottini allattati dai volontari che si trasformano in balie; il cervo finito all’interno del municipio di Valdobbiadene e recuperato con la collaborazione dei Carabinieri forestali.

Queste e molte altre storie (tante a lieto fine, altre no) raccontano la quotidianità del Centro di Recupero Animali Selvatici (Cras) della Provincia di Treviso, che dall’aprile al dicembre 2021 ha preso in carico 2935 animali in difficoltà (fauna selvatica), con una media di 326 interventi al mese.

Li ha recuperati, curati e protetti, fino al loro ritorno nell’habitat di origine, nel centro che ha sede nel Parco dello Storga, polmone verde alle porte della città, confinante con il Comune di Carbonera, al limitare dei quartieri Santa Maria del Rovere e Sant’Artemio. La struttura dal 2021, grazie ad una convenzione in vigore fino al 30 giugno firmata con l’ente provinciale (che ha ricevuto dalla Regione la delega in materia), è gestita  dai volontari e volontarie che fanno capo a cinque associazioni animaliste: Lav, Progetto Riccio Europeo, Oipa, Wwf e Lipu.

Il Cras, operativo da meno di un anno, prosegue l’attività del centro di recupero che in precedenza era condotto direttamente dalla Polizia provinciale, che continua a garantire la propria collaborazione ai volontari oltre ad occuparsi di contrasto al bracconaggio.

La Provincia di Treviso dà anche il necessario sostegno economico al Cras, stanziando ogni mese 5 mila euro che servono a coprire le spese dovute a veterinari, medicine, cure e alimentazione degli animali. Il bilancio di nove mesi di operatività è stato presentato in occasione della Giornata mondiale della fauna selvatica (3 marzo), dal presidente della Provincia, Stefano Marcon, e da Mìchela Dugar, presidente di Progetto Riccio Europeo, capofila del gruppo di gestione della struttura. Messo in allerta dalle segnalazioni telefoniche dei cittadini e grazie al monitoraggio dei volontari (che seguono un percorso di formazione), il Cras è intervenuto in soccorso di esemplari feriti o malati, nonché di cuccioli appena nati, somministrando loro cibo e terapie, fino ad accompagnare i “pazienti” verso il ritorno in libertà.

Il picco di interventi c’è stato tra l’aprile e il luglio 2021, dovuto al massiccio arrivo di nuovi nati (mammiferi e uccelli), che hanno avuto bisogno di lunghi periodi di permanenza nel centro, per essere svezzati e trovare il loro adattamento prima della liberazione in natura.

Le tipologie delle specie soccorse sono al 49% avifauna minore, 26% piccoli mammiferi, 10% avifauna maggiore, 10% rapaci, 4% ungulati e 1% mammiferi medio-grandi. Sono stati 912 i traumi da urto, dovuti all’impatto con veicoli o tendifilo dei vigneti, mentre 845 piccoli pennuti sono rimasti orfani a causa della distruzione dei nidi in primavera. Molte le specie soccorse vittime di attacchi predatori, soprattutto da parte di felini (571). Alto anche il numero di animali (405) giunti al Cras in stato di debilitazione.

Gli altri casi di soccorso, in misura minore, hanno riguardato animali attaccati da parassiti e patologie infettive (99), rimasti intrappolati e in situazioni di pericolo (83), feriti da arma da fuoco (2). Altri 3 animali sono arrivati in seguito a sequestri operati dalla Provincia di Belluno. In 14 casi, purtroppo, gli esemplari raccolti erano già deceduti. L’eutanasia viene effettuata dal medico veterinario, che esegue la prima visita, solo se viene constatata l’impossibilità del completo recupero.

Fondamentali per il lavoro del centro sono la prima chiamata d’emergenza e le relazioni che si instaurano con i cittadini che inviano le segnalazioni – sottolineano i responsabili del Cras -, quello che dobbiamo far capire alla cittadinanza è che la chiamata deve riguardare fauna selvatica che veramente si trova in difficoltà, malata, affamata o ferita, e non animali domestici. Non conoscendo le abitudini e l’habitat dei selvatici, spesso si fanno dei danni per eccesso di amore ed empatia. Perciò dalle prime telefonate che riceviamo cerchiamo di avere più informazioni possibili sull’animale che le persone hanno trovato e sui luoghi dove si trovano. In questo senso abbiamo visto una notevole collaborazione da parte di chi effettua le segnalazioni”.

Il Centro di Recupero animali selvatici della Provincia di Treviso ha avviato una collaborazione con l’Università di Padova (ed altre sono in vista con quelle di Bologna e Parma) per ospitare il tirocinio degli studenti della facoltà di veterinaria, biologia e animale care.

Per il futuro la struttura intende riorganizzare gli spazi (per non far convivere i predatori con altre specie) e potenziare il monitoraggio della fauna selvatica del territorio, tramite la collaborazione con l’Istituto zooprofilattico e l’Ispra, per individuare in modo puntuale le cause più frequenti di decessi e controllare eventuali focolai. Ma servono anche ulteriori volontari per mandare avanti il centro e recuperare gli animali in difficoltà. L’appello è rivolto a chi è sensibile al tema della tutela della fauna selvatica: “Non è richiesta nessuna conoscenza o abilità particolare per iniziare, ma solo tanta voglia di imparare e di fare, ognuno nei limiti delle proprie capacità e disponibilità. Possono inviarci le domande a cras.tv2021@gmail.com e risponderemo”.

Foto: Provincia di Treviso).
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