È stato effettuato nella mattinata di ieri, martedì 28 dicembre, l’intervento di taglio radicale dell’acacia di Borgo Stolfi, nell’area vicina alla passerella che attraversa il fiume Soligo.
Adesso, dopo l’operazione eseguita dal personale incaricato dal Comune, non vi è più traccia dell’arbusto che ormai costituiva anche un possibile pericolo alla sicurezza della circolazione.
La decisione definitiva dell’abbattimento era stata presa alla fine dello scorso settembre, dopo che una perizia aveva sottolineato l’evidente condizione di marcescenza in cui versava la storica pianta, denominata affettuosamente “càssia” dai residenti dell’antico quartiere cittadino (qui l’articolo).
Dallo studio era emersa una grave compromissione dell’apparato complessivo della pianta, inclinata di circa 30/35 gradi verso sud e oscillante in caso di spinta.
Lo stato di cedimento dell’albero aveva messo in allarme l’amministrazione comunale di Pieve di Soligo, attivatasi per garantire l’incolumità dei passanti: attorno alla pianta, classificata come “pericolosa”, erano stati posti evidenti cartelli di attenzione e nastri a losanghe bianche e rosse.
La zona, dotata anche di un parcheggio molto utilizzato, è infatti frequentata dagli appassionati delle camminate oltre che dai clienti degli esercizi commerciali e degli ambulatori medici ubicati nel centro Balbi.
Al momento è ancora in dubbio il futuro dell’area coinvolta: “Valuteremo assieme ai tecnici ambientali se mettere a dimora una nuova pianta – spiega Giuseppe Negri, assessore comunale all’ambiente – perché gli attuali sempreverdi occupano già un’ampia porzione di spazio. La zona interessata dall’albero ora abbattuto potrebbe essere utilizzata per l’installazione di una nuova panchina o comunque per la valorizzazione del capitello situato lì vicino”.
Dall’intervento è emersa anche una novità interessante: “Nel corso dei lavori è ricomparsa una targhetta metallica imbullonata in una base di calcestruzzo – afferma Negri – Ha dimensioni di 10×20 centimetri circa ed era seppellita di fianco all’acacia, ma non vi è scritto nulla. Abbiamo provato a scavare sotto il manufatto per rintracciare l’eventuale presenza di altri oggetti sotterrati, senza però ottenere alcun esito”.
Rimane dunque un mistero il significato della targhetta ritrovata, perché neanche i residenti più anziani di Borgo Stolfi, che hanno dei vividi ricordi della “càssia”, interpellati per questa occasione, sono riusciti a risalire al motivo della sua presenza.
L’intervento di rimozione della pianta ha rievocato in loro comunque un ritorno al passato, dal momento che hanno assistito al ciclo vitale dell’acacia, dalla sua messa a dimora fino al taglio: “Fu piantata con certezza alla fine degli anni Trenta, e faceva parte di un complesso di quattro acacie – ricordano alcuni pievigini del Borgo -: una venne bruciata nel corso della seconda Guerra mondiale, mentre le altre due morirono naturalmente. Fino a metà anni Sessanta questa ‘càssia’ stabiliva il confine del fiume Soligo, ma poi il letto venne ristretto e delimitato entro gli attuali argini”.
A conferma della lunga storia che ha accompagnato in loco queste piante, dai racconti degli abitanti è emerso pure che nel periodo del secondo Dopoguerra venne scaricata tra l’acacia abbattuta e il letto del fiume Soligo la terra scavata per realizzare le fondamenta del campanile dell’attuale Duomo di Pieve di Soligo.
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