A immortalare delle persone mentre nascondevano hashish sotto terra erano state le fototrappole del Corpo Forestale piazzate dai Carabinieri nelle campagne tra Caerano San Marco e Montebelluna.
Le stesse che, solitamente usate per fotografare lupi selvatici e uccelli rari, in quell’occasione si erano attivate ogni qualvolta la banda si dava appuntamento in mezzo ai campi, facendole finire in manette.
Era il 2015 e ora, in Tribunale a Treviso, è iniziato il processo a carico degli otto presunti pusher, quattro marocchini e un tunisino di età compresa fra i 30 e i 40 anni e tre italiani: il 54enne S. M. di Trevignano, il 56enne G. G. di Istrana e il 64enne I. G. di Feltre.
Secondo gli inquirenti, quella finita a processo sarebbe una banda di grossisti strutturata in due livelli. A gestire il traffico e i rifornimenti sarebbero stati gli imputati magrebini, che dopo la scarcerazione avrebbero fatto perdere le loro tracce.
I tre italiani sarebbero stati pusher di secondo livello, incaricati di smerciarli nella zona tra il Montebellunese, la Castellana e il Feltrino. L’indagine era iniziata nell’agosto del 2014 con l’arresto di due fratelli nordafricani trovati in possesso di una discreta quantità di stupefacente: 500 grammi di hashish già suddiviso in panetti da un ettogrammo.
I Carabinieri avevano subito capito che si trattava di grossisti e avevano deciso di controllarli, scoprendo una vasta rete di complici e i luoghi nei quali la banda nascondeva la droga.
Si trattava soprattutto di casolari isolati e di appezzamenti coltivati tra Montebelluna e Caerano di San Marco in mezzo ai quali, nascosti sotto terra, sotto il granturco o sugli alberi, i Carabinieri avevano trovato 11 chilogrammi di hashish e sequestrato 21 mila euro.
I pusher usavano vari accorgimenti per proteggere la merce, non solo sotterrandola ma anche circondando l’area di piccoli rami per segnalare l’eventuale passaggio di qualcuno. Il processo continuerà a maggio con la seconda udienza.
(Foto: Corpo Forestale dello Stato – Wikipedia).
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