Nello sviluppo aziendale e personale, il cosiddetto “unlearning” guadagna sempre più importanza. Abbandonare conoscenze, soluzioni e procedure superate è un fattore chiave per evolversi.
La capacità di cambiare va allenata nel tempo: non basta una crisi per decidere di ribaltare l’apparato interno. Quella che oggi viene chiamata “nuova normalità” non deve diventare un nuovo passato. La falsa retorica che pone l’uomo al centro solo per ragioni di fragilità va abolita: al contrario, dev’essere una forma di ampliamento degli spazi cognitivi e di relazione. Affinché l’approccio possa ritenersi valido e attuale, la priorità delle competenze va rivista rimuovendo i retaggi su cui sono fondate per poi ricollocarle. Va bandita l’improvvisazione per apprezzare le inclinazioni, privilegiando un sistema basato sul merito e sulle pari facoltà. Serve il coraggio di compiere azioni che non siano solo una risposta al momento emergenziale, ma che portino a una vera metamorfosi.
Le imprese devono prendersi cura degli individui, non soltanto ascoltarli, ma reclutarli. Il focus, ancora una volta, è la persona. Il primo responsabile della trasformazione è colui che accetta di non sapere e disimpara ciò che lo ha condotto fin lì, per ingaggiare persone che abbiano l’audacia di dire: “Ora si fa in un altro modo”. Chi amministra e dirige deve saper coordinare e tenere a bordo lo staff: nei momenti di instabilità, indecisione, complessità ed equivocità, l’Amministratore Delegato dev’essere anche il Direttore Emozionale e saper stare vicino ai collaboratori in modo autentico.
Il disordine degli ultimi mesi ha rallentato molti aspetti della vita personale e lavorativa, ma ne ha accelerati altri, a partire dalla decisione di abbandonare schemi e comportamenti obsoleti. Ad aver affrontato la sfida più grande sono state forse proprio le PMI chiamate a scardinare l’idea che la strada battuta sia l’unica percorribile e che l’imprenditore debba prendere le decisioni da solo. In una situazione ambigua non ci sono conoscenze interpretative da portare avanti e occorre formulare domande continuamente. Le complicazioni vanno rielaborate e per farlo servono gruppi misti che uniscano caratteristiche verticali e orizzontali. Tra lo sconcerto e la rinascita, occorre avvalorare l’attesa, eliminando l’eccedenza e riscoprendo l’essenziale, ciò a cui rimanere ancorati quando tutto sembra incerto.
In questa fase è fondamentale la progettualità. Alcune imprese hanno attivato in maniera stabile il lavoro agile, altre hanno formato i dipendenti e riscoperto la capacità di essere resilienti. Molte stanno cercando di tornare al mondo che conoscevano prima, riproponendo schemi consolidati che però saranno ancora più compromessi di prima. Il profitto dev’essere sempre prioritario, ma va ora inserito in un contesto più ampio. È indispensabile raccontare ai giovani una professione diversa, anche se a immaginarla non sarà la generazione di mezzo. Bisogna essere d’aiuto a chi sa correre rischi, ma anche imparare a esporsi per un sistema basato sulle virtù. Una vera e propria chiamata alle armi è inevitabile, avendo la fermezza e la lucidità di rimettere prioritariamente l’azienda nel mezzo con l’apporto imprescindibile di tutti, nessuno escluso.
La normalità in futuro sarà la gestione di situazioni straordinarie e complicate. Ci saranno altre eccezionalità e servirà trarne vantaggio attingendo all’innovazione.
Autore: Manrico Merci – Sistema Ratio Centro Studi Castelli
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