I cambiamenti climatici e la loro ricaduta sul comparto agricolo sono stati al centro di un convegno organizzato nella mattinata di ieri, mercoledì 1 dicembre al Teatro Toniolo di Conegliano.
“Non possiamo ignorare quello che stiamo vedendo – ha dichiarato Giuseppe Facchin (presidente CIA Agricoltori italiani Treviso) – Dobbiamo correggere il tiro e non proporre gli stessi errori per il futuro. Il comparto è spesso tacciato di colpe che non ha”. Secondo Scanavino, presidente nazionale CIA Agricoltori italiani, ha inoltre aggiunto che sono state delineate delle nuove progettualità per una sfida ecologica in grado di contrastare i cambiamenti climatici.
Un appuntamento, con una tavola rotonda, che si è svolto di fronte alla platea di studenti dell’istituto Cerletti di Conegliano i quali, in apertura di evento, hanno esposto delle relazioni su svariate questioni: “Cerchiamo di portare queste tematiche in classe tutti i giorni, perché vogliamo formare professionisti capaci e competenti, ma soprattutto cittadini consapevoli“, ha spiegato il docente Sabino Gallicchio.
Ospite di eccezione Andrea Giuliacci, noto meteorologo climatologo, che ha ricostruito lo scenario presente e futuro sul fronte dei cambiamenti climatici, ribadendo la necessità di adottare delle misure per gestire tutta la situazione.
“Il fatto che il clima sia cambiato è una certezza – è stata la premessa di Giuliacci – Lo confermano i dati raccolti dagli strumenti meteo e le temperature, dal 1870 a oggi, sono cambiate: cito proprio quell’anno, perché è stato quello in cui ha iniziato a esserci un certo numero di stazioni in grado di rilevare il clima”.
Giuliacci ha affermato che la temperatura è aumentata di 1,1 gradi rispetto alla media del periodo tra il 1850 e il 1900. Il risultato è che ci sono regioni della terra che si sono scaldate di più e altre di meno: gli ultimi 7 anni sono stati i più caldi dell’era moderna e il mese di luglio di quest’anno, in particolare, è stato il più caldo a livello planetario.
“I ghiacciai fondono più rapidamente e in 50 anni la loro superficie è diminuita del 30%: dal 1979 la calotta polare artica ogni anno perde una fetta di ghiaccio pari a due volte il Veneto – ha spiegato Giuliacci – L’acqua del ghiaccio fuso si riversa nei mari e i mari stessi sono più caldi rispetto al passato. Il calore è il carburante che alimenta tutti i fenomeni atmosferici”.
Tutto ciò fa sì che “il clima tende a estremizzarsi”: “L’estremizzazione del clima porta alla concentrazione dei fenomeni atmosferici”, è il concetto più volte ribadito dal meteorologo, il quale ha aggiunto che nel caso del Nordest le estati più calde sono state quelle del 2003 (al primo posto), del 2015 e infine del 2019.
“Probabile che nel prossimo decennio si veda un’estate come quella del 2003. Inoltre, rispetto agli anni settanta, la primavera anticipa il suo arrivo di venti giorni, mentre c’è meno neve in inverno e più caldo in estate – ha proseguito – Per quanto riguarda le precipitazioni, la stessa quantità di pioggia cade in maniera concentrata (ci sono meno giorni piovosi e con più intensità).
A creare questa situazione generale, l’uomo ha una buona parte di responsabilità, secondo Giuliacci, che ha citato il problema delle emissioni di gas serra, che provocano un surplus di calore: “Le cause naturali da sole non spiegano l’aumento delle temperature. Le temperature aumenteranno ancora dai 2 ai 4 gradi e mezzo e quindi bisogna aspettarsi ulteriori cambiamenti climatici. In alcune regioni pioverà di più e in altre di meno: le piogge diminuiranno soprattutto al Sud, ma aumenterà l’intensità degli eventi piovosi“.
E quali sono le soluzioni di fronte a tale scenario? “Le misure sono semplici, ma devono essere messe in atto: sono misure di adattamento – è la risposta fornita da Giuliacci – come ad esempio utilizzare l’acqua in maniera più razionale ed efficiente, e un utilizzo più efficiente dell’energia”.
E proprio sulle soluzioni da concretizzare nel settore agricolo, si è svolta una tavola rotonda (moderata da Antonio Boschetti, direttore dell'”Informatore agrario”) che ha visto al centro, assieme a Giuliacci, anche Marcello Mastrorilli (direttore del Centro di ricerca agricoltura e ambiente-Crea), Andrea Pitacco (docente del Cirve-Università di Padova), Filippo Codato (direttore Condifesa Treviso Vicenza Belluno) e Gianmichele Passarini (presidente CIA Agricoltori italiani Veneto).
Tavola rotonda da cui è emerso che c’è sempre meno acqua per le piante, in quanto “le piogge non sempre sono collegate alle esigenze delle piante”. A tutto ciò si aggiunge l’aumento delle temperature minime che provoca il proliferare di insetti di norma non presenti nel nostro territorio: un’esigenza primaria, quindi, è quella di una sistemazione idraulica dei territori e del drenaggio dei terreni.
La soluzione è quindi quella di mitigare il rischio con le “buone pratiche agricole”, di diminuire tutti i gas serra (questione affrontata anche in sede europea), per gestire al meglio la coltura e gli agenti patogeni, adottando sistemi attivi di difesa dei terreni. Tutte azioni da attuare avendo “sempre al fianco un percorso scientifico nell’ambito della sostenibilità”.
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