La rivista è la più prestigiosa pubblicazione scientifica internazionale di settore e la ricerca è stata giudicata una delle più innovative condotte in Italia nel campo della rilevazione dell’Impronta di carbonio degli impianti di depurazione. Sono stati pubblicati su Water research, la rivista dell’IWA (International Water Association, organizzazione non governativa e non-profit che si occupa di tutti gli aspetti del ciclo integrato dell’acqua), i risultati dello studio sulla rilevazione della Carbon Footprint degli impianti di depurazione di Alto Trevigiano Servizi.
Il fine: valutare il miglioramento dell’impatto ambientale di tali infrastrutture per condividere il modello con altre realtà di servizio idrico in territorio nazionale e non solo.
La ricerca è stata condotta da Alto Trevigiano Servizi, insieme con il gruppo di ricerca WWEELab (Water and waste environmental Engineering Lab), coordinato da Francesco Fatone, professore ordinario di Ingegneria Chimica-Ambientale dell’Università Politecnica delle Marche.
La collaborazione è partita nel 2018. Azienda e Università hanno sviluppato una metodologia innovativa per misurare le emissioni di gas climalteranti, ossia che contribuiscono a produrre alterazioni a livello globale del clima della Terra, e quantificare l’impronta di carbonio del servizio di depurazione delle acque reflue in tutto il territorio servito.
Le emissioni sono state misurate sugli impianti in gestione ad Ats. Il calcolo ha tenuto in considerazione tutti gli aspetti legati al servizio, inclusi, ad esempio, la gestione dei fanghi di depurazione, il trasporto del personale e i reagenti utilizzati. Grazie a questa misura, validata sul campo, è oggi possibile pianificare le strategie di decarbonizzazione del servizio, che contribuiscono al percorso di Ats verso una low-carbon water utility, ossia un’azienda di servizio idrico a basso impatto ambientale.
Ats, in questo settore, ha fatto da apripista: altre grandi aziende del servizio idrico integrato stanno applicando la metodologia innovativa nel centro e nel nord Italia, per un bacino che ormai copre milioni di abitanti. Si è aperta così una strada che può avere un impatto su scala nazionale, e supportare politiche di decarbonizzazione di un importante settore di servizio al territorio.
Il lavoro, intitolato Validation of an evidence-based methodology to support regional assessment and decarbonisation of wastewater treatment service in Italy, ha dunque analizzato un bacino di oltre 400.000 abitanti e, per la prima volta, ha avuto un approccio basato su solidi dati scientifici, verificato dal Comitati e revisori internazionali.
“La pubblicazione avviene nella settimana della Cop 26 a Glasgow, il più importante appuntamento della diplomazia sul clima dall’accordo di Parigi del 2015 – spiega l’amministratore delegato di Ats, Pierpaolo Florian – Il contributo dato dalla nostra azienda alla decarbonizzazione di un settore così importante come quello della depurazione ci rende particolarmente orgogliosi. Tutti abbiamo un ruolo da svolgere, dai leader nazionali a quelli locali, dal settore privato a quello pubblico, insieme ai cittadini”.
Ats depura ogni anno circa 31 milioni di metri cubi di acque reflue, per un bacino territoriale di circa 500 mila abitanti, in una superficie territoriale di 1.374 chilometri quadrati diviso in 52 comuni, di cui 49 in provincia di Treviso, 2 in provincia di Belluno e 1 in provincia di Vicenza. Si tratta di un territorio complesso perché include zone morfologicamente differenti: si passa, infatti, dalle Prealpi alla pianura.
Gli impianti di depurazione sono 64 (comprese le vasche imhoff). Fra questi c’è il depuratore di Carbonera: qui è stato sperimentato il programma “Horizon 2020 Smart-Plant”, coordinato anch’esso dall’Università Politecnica della Marche.
Durato quattro anni e conclusosi nel 2020, il programma ha avuto portata europea e ha già permesso una riduzione del 20 per cento dei consumi energetici dell’impianto stesso; sempre a Carbonera, è entrato in funzione a febbraio 2021 un sistema a microturbine che consente di produrre energia elettrica e termica grazie al trattamento del biogas che deriva dal trattamento dei fanghi. Una tecnologia innovativa che permetterà di abbassare ulteriormente in modo significativo le emissioni, pur garantendo il massimo dell’efficienza energetica.
L’innovazione sperimentata a Carbonera troverà una sua applicabilità nell’impianto di depurazione di Salvatronda, frazione di Castelfranco Veneto. In questa sede, si procederà nel prossimo futuro con un progetto di ampliamento importante e ambizioso. Si parla di aumento della potenzialità in termini di abitanti serviti, ma con un’ottica green che servirà a ridurre l’impatto ecologico dell’allargamento e a ottimizzare il processo di trattamento di tutti i fanghi disidratati provenienti dagli impianti di depurazione di Ats, con particolare riguardo alle emissioni di CO2 a livello territoriale.
L’impronta idrica di carbonio è utilizzata quindi anche per la progettazione di nuovi impianti, segnando così un solco nelle strategie aziendali.
“L’adozione di politiche ambientali e sociali sostenibili è un’esigenza molto sentita da diverse aziende – afferma il rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Prof. Gian Luca Gregori – Analizzare e proporre obiettivi per il miglioramento dell’impatto ambientale pone l’accento sulla importanza della ricerca e del procedimento scientifico a servizio della comunità e per il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente”.
(Foto: Ats).
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