Si è parlato di biodistretto ieri sera, giovedì 16 febbraio, in occasione del terzo incontro dell’iniziativa dedicata alla viticoltura, organizzata dall’amministrazione comunale di San Pietro di Feletto.
Dopo i saluti dell’assessore Benedetto De Pizzol in rappresentanza del comune felettano, è intervenuto anche l’assessore Claudio Toppan dell’amministrazione coneglianese, il quale ha osservato quanto “si trattino di tematiche che interessano tutti e pertanto bisogna lavorare assieme per raggiungere degli obiettivi nel rispetto della natura”.
“Sostenibilità” e “opportunità” sono stati i punti chiave utilizzati per presentare un progetto, come quello del biodistretto, che al momento si trova ancora allo stato embrionale. A illustrare le linee guida di questa progettualità in termini di colture bio – quindi non solo inerente all’ambito vitivinicolo – è stato Fiorello Terzariol, proponente dell’idea di un biodistretto e consulente per il Comune di Conegliano.
“Abbiamo iniziato qualche mese fa a fare un’indagine sulla possibilità di creare un biodistretto – ha esordito Terzariol – e da ciò è emerso come sia necessario avere un valore di territorio per coltura bio superiore al 4%, una cifra che ancora non raggiungiamo. Nella Regione Veneto arriviamo al 2,3% della superficie utile al biologico, mentre nel territorio del Conegliano-Valdobbiadene la percentuale è pari al 3,69% di ettari per la vite bio e 3,52% per la coltura in generale. In tutto ciò c’è da dire che Susegana è il Comune con il maggior ettarato disponibile per il biologico con il 7,02%, seguita da Vittorio Veneto con il 6,36%. Vidor, Farra di Soligo e Miane hanno le percentuali più basse, ma questo dipende da una conformazione orografica complessa, che crea delle difficoltà nella realizzazione del biologico”.
Nell’idea di biodistretto, infatti, rientrerebbero 15 Comuni dell’area Docg Conegliano-Valdobbiadene, interpellati per collaborare all’istituzione di un vero e proprio sistema dedicato al bio, la cui organizzazione è stata spiegata da Terzariol stesso: “Sicuramente si dovrà istituire un comitato promotore con tre o quattro amministrazioni nella funzione di rappresentanti, a fianco ai quali non mancheranno consorzi di tutela, università e produttori. Ma verranno coinvolti anche ristoranti, agriturismi e i cittadini stessi in qualità di attori dell’iniziativa stessa”.
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Ma è da un po’ che si parla di biodistretto, come ha sottolineato Giulietta De Biasi, collaboratrice all’Università di Padova, la quale ha dichiarato come “grazie a Sandra Furlan, il progetto in Veneto sia stato promosso a partire dal 2015, grazie anche al trend positivo di consumo di prodotti biologici registrato finora”.
“Il biodistretto – ha proseguito De Biasi – è un’associazione volontaria diversa da un soggetto giuridico e non è normato: ci sono delle linee guida e non delle imposizioni a livello normativo. L’obiettivo è quello di sviluppare le potenzialità di un territorio creando una rete tra operatori per promuovere il modello del biologico. Gli enti pubblici possono sensibilizzare con eventi di carattere locale, redigendo poi un documento a carattere programmatico”.
Ma nel Veneto esistono già dei biodistretti? Sarebbero tre – nell’area del Veneziano, dei Colli Euganei e nell’area dell’Altopiano di Asiago – secondo quanto spiegato da Carlo Favero, direttore del Consorzio Vini Venezia: “Bisogna promuovere anche dal punto di vista sociale il consumo di prodotti biologici, tramite una rete di contatto tra produttori. Il biodistretto è uno strumento. I progetti si pensano, si scrivono, si attuano”.
Una prospettiva allettante che è stata anche oggetto di discussione per chi tra il pubblico ha sottolineato quanto sia necessario, però, trovare aderenza tra l’aspetto pratico e quello puramente teorico. Si vedranno gli sviluppi.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
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