“Ma perchè i nostri non possono esercitare qui in paese la loro passione?”
“I giocatori ci sono, basta trovare un campo”.
“Visto che la parrocchia ha già provveduto a creare un altro campetto basterà ingrandirlo e renderlo regolare. Il terreno della parrocchia dovrebbe bastare per questo”.
“Dovremmo contattare il parroco”.
“Forse ci concederà lo spazio”.
Comincia così la storia della Follinese. E dove se non al bar Cavallino, custode di un’epoca, tra una mano di “Scopa” ed un bicchiere di vino. Così giovedì 1° agosto 1968, visto il grande interesse, venne convocata un’assemblea pubblica. Poco importava se si moriva di caldo. Fu merito in particolare di quattro uomini – Mario Tomasi, Giuseppe Bisinella, Paolo Ballarin e Vittorio Repossi – se quel giorno, il sogno di un intero paese e di tanti giovani follinesi costretti a raggiungere Barbisano a bordo di una Fiat 600 Multipla per rincorrere un pallone divenne realtà. Quel giorno nacque l’associazione sportiva dilettantistica “Follinese”, un sodalizio che ancora oggi mantiene viva la tradizione “pallonara” in paese.
Un traguardo importante, i cinquant’anni di attività, che la società ha deciso di celebrare con un libro, presentato lo scorso 23 dicembre, in occasione della tradizionale festa di Natale a Castelbrando. A realizzarlo Renzo Tonin (a sinistra nella foto sotto), già sindaco del paese nonchè ex giocatore, allenatore e dirigente della Follinese, attualmente segretario della Spi Cgil del Quartier del Piave.
Signor Tonin, benvenuto nella nostra redazione. Quando comincia la storia della Follinese?
Comincia nell’estate del 1968. La società nacque per il desiderio del paese, che vedeva la propria gioventù, tra cui il sottoscritto, andare a giocare altrove. Venne organizzata un’assemblea pubblica per sondare l’interesse della popolazione e ci fu una grande adesione. La cosa, quindi, andò in porto e subito la neonata associazione cominciò a trattare il trasferimento dei calciatori. Vennero acquistati 11 giocatori dal Barbisano, tutti originari di Follina, per 150 mila lire. All’epoca non esisteva in paese un campo regolamentare con tanto di spogliatoi e così venne raggiunto un accordo con il parroco che ci concesse il terreno di via Milani. I lavori partirono in agosto, la squadra venne iscritta al campionato di Terza categoria ed il 27 ottobre 1968 ci fu l’inaugurazione dell’impianto sportivo, seguita dalla prima partita ufficiale.
Quel giorno in campo c’era anche lei, quali sono i suoi ricordi?
C’era grande entusiasmo ed emozione, finalmente Follina aveva una sua squadra di calcio. Al campo venne molta gente: la cittadinanza era curiosa di vedere il nuovo impianto e soprattutto i propri giocatori tornare a casa per giocare nella squadra del paese. Fu un grande successo ed una grande giornata, ma credo che in quel momento non riuscimmo nemmeno ad assaporare il tutto a dovere. Il risultato fu strepitoso, vincemmo 7-0. Per la verità in seguito ne avremmo perse molte, ma era il primo anno della squadra dopotutto!
(Nella foto sopra la Prima squadra 1968).
Da allora sono passati cinquant’anni, mezzo secolo di calcio a Follina. Un traguardo che ha ispirato la creazione di un libro…
Cinquant’anni sono un avvenimento importante, che meritava di essere ricordato a dovere. Così lo scorso luglio ho deciso di convocare dirigenti, simpatizzanti ed ex giocatori della Follinese che conoscevo. Ne abbiamo parlato ed è saltata fuori l’idea di un libro. Il lavoro di assemblaggio e di stesura dei testi è opera mia, ma ovviamente ho avuto bisogno dell’aiuto di molte persone, in primis di un grafico.
Come ha organizzato il lavoro?
All’inizio non è stato facile, non sono un esperto nel campo. Una volta impostata la struttura del volume ho cominciato a confrontarmi con la dirigenza, che mi ha suggerito alcune idee. Ho cominciato a scrivere e a raccogliere fotografie, sia dall’archivio della società che bussando casa per casa da amici. Ho visionato circa 600 fotografie e ovviamente non sono riuscito ad esaminare tutto. Per forza di cose ci sono delle mancanze a livello di immagini, periodi più bui ed altri più ricchi, come i primi anni quando venivano assoldati addirittura fotografi professionisti per immortalare le azioni di gioco. Per quanto riguarda la storia societaria ho ricavato tutto dagli archivi dell’associazione e da un volume che ripercorre dagli anni Venti tutte le stagioni dei campionati dalla Seconda categoria alla Serie D.
Quali sono state le maggiori difficoltà?
Innanzitutto scoprire il nome di tutti i giocatori presenti nelle fotografie: molti non li conoscevo e ho dovuto chiedere aiuto. Anche collegare cronologicamente gli episodi non è stata impresa facile, spesso le foto non erano datate: i protagonisti di allora hanno dimenticato, all’epoca erano più interessati a vivere il momento, me compreso. Molte persone, inoltre, legate soprattutto al primo periodo, oggi non ci sono più.
(Nella foto sopra giocatori in azione, 1970-1971).
Cosa si può trovare nel libro?
Cinquant’anni di Follinese, ma non solo. In apertura ho realizzato una breve introduzione sugli eventi che hanno anticipato la fondazione della società, dopotutto a Follina si giocava a calcio già dagli anni Venti, in un campo piccolissimo, dove oggi sorge l’osteria “Bestemadora”. Nel volume parlo delle sfide sul campo che negli anni sono diventate una tradizione, come quella tra scapoli e ammogliati, in voga soprattutto negli anni Settanta, e quella tra le due contrade del paese, Caldea e Masot. Ho realizzato ricerche sui giocatori, analizzandone la provenienza, ma anche su presidenti e dirigenti, apprendo addirittura una parentesi sui tifosi. Cito, ad esempio, il caso di un tifoso cieco che non si perdeva mai una partita. Quando ero giocatore, ricordo che una volta mi fece i complimenti per il bellissimo gol di testa realizzato la domenica precedente. Mi chiese come avessi fatto a spedirla proprio all’angolino… Ovviamente non l’aveva visto, ma se l’era fatto raccontare. Nel libro c’è anche una parte dedicata al gemellaggio con Wipfeld, una incentrata sulle “giovani speranze” e un’altra sulla sagra della castagna e dei funghi, iniziativa gestita dalla società ormai da 48 anni, che la inventò per autofinanziasi.
Un lavoro non da poco, peraltro terminato a tempo di record…
A luglio non ho fatto praticamente nulla, ad agosto invece molta gente era in vacanza. Verso la fine ho dovuto correre perchè era mia intenzione riuscire ad andare in stampa per Natale. Il volume è stato presentato ufficialmente domenica 23 dicembre, al tradizionale pranzo di fine anno che la Follinese organizza a Castelbrando con giocatori, dirigenti e simpatizzanti, e ha riscosso fin da subito un gran successo. Chi volesse acquistarlo lo può trovare in edicola o nei bar del paese. Premetto che sicuramente all’interno del libro sono presenti alcune dimenticanze, ci sarebbe voluto piu tempo, tante cose le ho scoperte solamente a libro stampato, parlando con la gente. Ma sono contento di averlo portato a termine, stimola il ricordo nelle persone ed ognuno vi aggiunge la propria esperienza: ogni storia sul campo s’intreccia con mille altre storie personali e credo sia una cosa molto bella.
(Nella foto sopra le squadre giovanili di Caldea e Masot).
Com’è cambiato il calcio a Follina in questi cinquant’anni e più in generale, a livello dilettantistico?
E’ cambiato in tutto e per tutto. Ricordo che ai miei tempi le scarpe da calcio avevano i tacchetti di cuoio e se li perdevi in campo era un dramma. Per non parlare dei chiodi che sbucavano da sotto la suola. La partita, invece, si sente allo stesso modo di allora, ma viene vissuta in maniera diversa. All’epoca vi partecipava tutto il paese e tutto il paese parlava di calcio. Ricordo che in una partita di Seconda categoria contro il San Polo, mi pare nel 1972, vennero venduti mille biglietti. Al tempo i soci della società erano 300, versavano una quota per il mantenimento dell’associazione, e c’erano addirittura 38 abbonati. Con gli anni questo attaccamento si è un po’ perso, ma è altrettanto vero che sono sorte anche altre associazioni sportive.
Quale augurio si sente di fare alla Follinese per questo 2019 appena cominciato?
La Prima squadra si sta comportando bene, attualmente si trova nella metà superiore della classifica nel suo girone di Terza Categoria. Le speranze, insomma, sono buone, soprattutto nel settore giovanile, settore dove la società si applica molto: tutte le selezioni del vivaio si trovano nelle prime posizioni dei rispettivi campionati e c’è parecchio entusiamo anche se le difficoltà a gestire una società che vanta 6/7 squadre sono molte. C’è stato l’ingresso di molti genitori nella dirigenza, anche mamme e questa è una bella cosa, fa piacere. Un tempo il settore giovanile ha dato grandi risultati, soprattutto le leve a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, quindi l’auspicio non può che essere quello di ripetere le gesta del passato.
(Intervista a cura di Mattia Vettoretti © Qdpnews.it).
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