Il fragile equilibrio del fiume Piave sarà gravemente destabilizzato dalla Direttiva Quadro Acque (direttiva europea 2000/60/CE), in vigore dal 1 gennaio 2022.
La normativa introdurrà il regime del deflusso ecologico, che dispone di lasciare più acqua nei fiumi, mettendo però a secco bacini montani ed interi territori della pianura veneta, “abbeverati” dalle reti idrauliche che prelevano l’acqua dai fiumi.
Consorzi di bonifica, conferenza delle Regioni, ministero, autorità di bacino, commissioni di Parlamento e Senato, associazioni agricoltori, gestori dei bacini idroelettrici e ambientalisti sono mobilitati da tempo per fornire alla politica italiana concrete motivazioni per ridiscutere con Bruxelles l’applicazione della normativa, che “sta creando molta preoccupazione nel nostro paese e che sarebbe disastrosa per l’agricoltura veneta ed italiana”.
Lo afferma Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica che giovedì 30 settembre al BHR Hotel di Quinto, insieme al Consorzio Bonifica Piave, ha organizzato il convegno “Deflusso Ecologico: 01.01.2022 emergenza per un territorio”.
Vi hanno partecipato i rappresentanti della politica e di tutte le istituzioni coinvolte nel dibattito sulla discussa adozione del DE, il “volume d’acqua utile affinché l’ecosistema acquatico continui a prosperare e a fornire i servizi necessari”.
Questo dice la direttiva emanata nel 2000 dalla Commissione europea, nota anche come direttiva Quadro Acque (DQA), che ha introdotto il deflusso ecologico. L’autorità di distretto Alpi Orientali l’ha adottata nel 2017 per definire il valore della portata di deflusso ecologico nei bacini veneti, trentini e friulani.
Il legislatore europeo vuole garantire che i fiumi abbiano sempre una portata conforme all’andamento idrologico, tale da assicurare l’ecosistema naturale. La portata minima viene definita tramite un algoritmo, ed in base a questa vengono adottate tutte le misure necessarie al suo conseguimento.
Cioè si lascerà più acqua nei fiumi, con gravi ripercussioni ambientali, paesaggistiche e produttive a causa della riduzione, o azzeramento, della risorsa nelle reti irrigue e nell’alimentazione del fittissimo reticolo di canali derivati dal fiume e dalle risorgive.
Ad esempio le fossa delle mura di Castelfranco, alimentate dalla presa di Fener, si prosciugherebbero, mentre a Treviso calerebbe del 30% il livello dei corsi d’acqua (Roggia, Cagnan e Siletto) che solcano la città.
L’algoritmo non tiene conto dei diversi regimi che caratterizzano i fiumi. E’ calibrato sui “giganti” europei ricchi d’acqua tutto l’anno, come quelli che bagnano il centro-nord Europa e il Danubio, mentre non è assolutamente adeguato per molti fiumi italiani e veneti a carattere torrentizio.
In certi mesi dell’anno sono carichi d’acqua (in primavera con il disgelo e in autunno, stagione di grandi piogge), oppure quasi asciutti d’estate, con scorrimento subalveo non visibile in superficie.
Il caso più emblematico è quello del Piave, ma anche il Brenta rischia grosso. Ambiente, paesaggio, turismo attività produttive e produzioni agroalimentari dipendono dall’acqua del Piave che, da seicento anni, viene distribuita in pianura attraverso i canali artificiali, gestiti dal Consorzio di bonifica presieduto da Amedeo Gerolimetto.
A monte sarebbe ridotto il livello di riempimento dei laghi come il Mis, Santa Croce e Centro Cadore, con conseguenze disastrose per il turismo, nonché avrebbe un drastico calo la produzione idroelettrica di energia rinnovabile.
“La direttiva ha un’applicazione tutta europea, che spesso progetta senza conoscere i territori”, ha detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, alla platea del convegno, “Questa partita è stata trascurata per vent’anni, credo che ci sia poco spazio di manovra. Però non possiamo ammazzare il Veneto con questa direttiva. Se gli agricoltori vorranno intraprendere un’azione legale, la Regione sarà al loro fianco“.
“Deve essere immediatamente convocato il tavolo Stato-Regioni , la politica italiana è indietro sugli investimenti per la gestione dell’acqua e dei bacini di accumulo”,è stato il monito lanciato da Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti, “Smettiamo di scaricare le responsabilità sull’agricoltura. Tutti sono coinvolti in questa battaglia non più rinviabile”.
Nel convegno sono state illustrate le sperimentazioni, svolte finora dai consorzi di bonifica e dall’Arpav, e gli impatti dell’introduzione delle portate di deflusso ecologico nel bacino del Piave, particolarmente complesso, che irriga la pianura trevigiana nota per i suoi terreni aridi e sassosi.
Se l’agricoltura si è sviluppata a livelli eccellenti lo si deve all’acqua derivata dal grande fiume, forza motrice della falda freatica, vera cassaforte per i fiumi di pianura e di risorgiva. Il convegno ha rilevato l’urgenza di abbattere i rigidi parametri del deflusso ecologico, che detteranno le portate minime dei fiumi molto al di sopra (da 2 a 4) di quelle attualmente rispondenti al deflusso minimo vitale, che dal 1° gennaio 2022 va in archivio.
“Non vi è dubbio che una riduzione improvvisa delle derivazioni, per bilanciare il rilascio richiesto, avrebbe impatti devastanti in un territorio molto ampio” ha ribadito Gerolimetto. Le sperimentazioni e lo studio sull’impatto del danno sociale – economico (539 milioni di euro) dimostrano che i costi della direttiva sul deflusso ecologico superano i benefici. Condizione che dovrebbe sostenere la richiesta di una deroga alla Commissione Europea (lo prevede un articolo della direttiva), o l’avvio di azioni legali da parte dell’Italia.
“L’Europa non tiene conto delle caratteristiche dei nostri fiumi, dove l’acqua può essere troppa o troppo poca in altri casi. Equilibrio, gradualità e transizione sono gli indirizzi operativi. Si parte da poco e si va ad incrementare. Io credo che si possa andare in deroga con l’Europa. Ci siamo mossi per tempo per dimostrare che dal deflusso ecologico ci deriverà un gravissimo danno”, ha sottolineato Giampaolo Bottacin, assessore regionale all’ambiente, nella tavola rotonda conclusiva del convegno, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Federico Caner assessore all’agricoltura della Regione Veneto, Marina Colaizzi segretario generale dell’autorità di bacino distrettuale Alpi Orientali (ente del ministero della Transizione Ecologica), Mario Conte presidente di Anci Veneto, Alessia Rotta presidente della commissione agriocoltura della Camera, rappresentanti di Legambiente e Fai e le organizzazioni agricole regionali Coldiretti, Confagricoltura e Cia.
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