Stare uniti per sentirsi più forti e meno soli nonostante la distanza dalla terra natale. Con questa frase si può descrivere brevemente l’atmosfera che si è respirata ieri, sabato 22 dicembre 2018, alla festa della comunità musulmana senegalese a Pieve di Soligo.
Numerosi cittadini di origine senegalese, provenienti da diversi paesi della provincia di Treviso e da altre province venete, si sono riuniti per pregare insieme e per portare avanti le loro tradizioni grazie a balli, canti e alla volontà di condividere alcuni piatti tipici del Senegal in un contesto conviviale e gioioso.
A risaltare maggiormente sono stati i colori sgargianti degli abiti delle donne presenti alla festa, impegnate a preparare le specialità africane da servire insieme a tè caldo e ad altre bevande energizzanti. Le donne senegalesi hanno la loro associazione di riferimento che si occupa di riflettere su tante questioni importanti legate alla condizione della donna senegalese e alla difesa dei principi fondamentali che hanno permesso di costruire la società dalla quale provengono. Tanti anche i bambini che hanno approfittato dell’occasione per giocare insieme e scoprire l’incredibile varietà degli usi e costumi del Senegal, nazione che molti di loro, nati in Italia, conoscono solo grazie ai racconti dei genitori.
Non sono mancati i momenti di riflessione sulla disgregazione di quei valori che lamentano non solo i paesi occidentali ma anche le comunità africane: la crisi della famiglia tradizionale, la perdita di interesse dei giovani per la religione e la ricerca spirituale, l’indifferenza, l’individualismo e la poca attenzione al prossimo. “Crediamo nell’importanza di momenti come questi – racconta uno degli organizzatori – per mostrare ai nostri giovani quali sono i valori che hanno tenuto unite le nostre famiglie e le nostre comunità. Ci sentiamo meno soli e più forti quando ci ritroviamo a pregare e a fare festa insieme. La distanza da casa si fa sentire ma ormai viviamo qui in Italia da tanto tempo e la sentiamo come casa nostra”.
“Quando i ragazzi vivono la dimensione comunitaria – conclude il cittadino senegalese – possiamo controllarli di più e capire se stanno entrando in qualche brutto giro. Se sono qui non sono altrove con il rischio che frequentino brutte compagnie”.
Tra i tanti piatti serviti durante la serata anche il classico pandoro della tradizione italiana: un semplice segno di quanto la distanza fra culture possa essere facilmente ridotta grazie all’indiscussa capacità della condivisione del cibo di abbattere barriere linguistiche, identitarie ed etniche.
(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
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